Ieri l’agenzia di rating Moody’s ha confermato il rating e outlook sul debito statale italiano. Le ragioni della decisione sono due. Nonostante la crescita nel medio termine rimanga una sfida, “l’economia italiana dovrebbe recuperare dalla profonda contrazione dovuta alla pandemia nel primo semestre del 2021. I tassi di infezione in rialzo potrebbero ritardare la ripresa, ma la Banca centrale europea e i fondi dell’Unione europea offriranno un importante supporto all’economia nei prossimi anni”. La seconda ragione è che “nonostante il debito salirà sostanzialmente quest’anno e rimarrà alto per molti anni”, “la crescita e la temporaneità delle misure di emergenza del 2020 consentiranno un deficit in discesa nei prossimi anni” e una graduale riduzione del debito. Anche in questo caso “lo scenario molto favorevole sul finanziamento consente all’Italia di continuare a beneficiare di una forte convenienza del debito, un importante fattore di mitigazione del debito elevato”.



Esattamente come con la recente decisione di Standard & Poor’s il fattore chiave è il supporto della Banca centrale europea, mentre i fondi dell’Unione europea verranno erogati solo nel periodo 2022-2024. Significa che per tutti i prossimi dodici mesi i fondi “dell’Europa” non avranno un impatto significativo sull’economia italiana. Il deficit pubblico italiano l’anno prossimo è atteso in discesa dall’11,4% del 2020 al 7%; Moody’s assume che molte delle misure a sostegno dell’economia presenti nel 2020 si esauriscano nel 2021 senza venire rinnovate. Anche Moody’s, come S&P due settimane fa, sottolinea che il settore manifatturiero italiano rimane diversificato e competitivo mentre la ricchezza famigliare offre un cuscino molto più forte rispetto a molti altri Paesi simili.



Moody’s continuerà a osservare la forza della ripresa economica italiana e se “la strategia fiscale del Governo italiano assicurerà una costante riduzione del debito pubblico nel medio termine”. Nella conclusione l’agenzia di rating osserva che l’accesso ai fondi europei “sarà condizionato alle riforme strutturali” e che dato che la situazione politica italiana è più stabile di quanto non sia stata recentemente, “potrebbe esserci un impulso alle riforme più forte che nel passato”.

Dal quadro di Moody’s emerge tutta la dipendenza italiana dalle politiche monetarie della Bce senza le quali non ci sarebbe molto su cui contare se non i noti risparmi degli italiani. I fondi “dell’Europa” non arriveranno prima del 2022 e le misure di sostegno all’economia del Governo sono ritenute “eccezionali” e non più ripetibili nei prossimi mesi. Significa che presto o molto presto l’esecutivo italiano dovrà cominciare a fare delle scelte e che senza queste scelte “le riforme strutturali” si potrebbe perdere l’accesso ai fondi europei.



La “stabilità politica italiana” è un prodotto particolare che sembra inimmaginabile senza un rapporto di dipendenza molto forte dall’Europa. Tiriamo noi alcune conclusioni. Sarà l’Europa a decidere cosa sarà degli stimoli all’economia italiana, chi li pagherà e con quanta fretta; sarà la stessa Europa a decidere quali saranno le riforme strutturali. Questo avverrà in un contesto in cui la durata della pandemia, la sua profondità e la strategia del Governo su come affrontarla non sono note. Moody’s in un certo senso sorprendentemente giudica l’attuale situazione politica italiana stabile. È la dipendenza della Bce, probabilmente, a renderla tale nonostante il lockdown più duro e lungo d’Europa in primavera e qualche perplessità sulla gestione della pandemia. Fino a che c’è il sostegno dell’Europa la stabilità dovrebbe essere garantita a meno che succedano due cose: che il Governo si rifiuti di fare le riforme strutturali oppure che non sia abbastanza rappresentativo da imporle agli italiani.

Speriamo di rimanere amici dell’Europa e che l’Europa rimanga amica degli italiani. Speriamo poi che il periodo di grazia sul deficit fuori controllo dell’Italia, in ottima compagnia sia in Europa che fuori, non venga sprecato in misure clientelari, soldi a pioggia e un’insostenibile diseguaglianza tra le fasce della popolazione con i garantiti assicurati fino all’ultimo centesimo e intere categorie scoperte da giugno. L’alternativa sembra prevedibile: che l’Europa si stanchi di questo Governo e ne metta uno “migliore” e più adatto a fare le riforme. Il conto del tempo perso e delle scelte sbagliate lo pagheranno “i risparmi degli italiani”.