I primi segnali sull’andamento dell’economia cinese lasciano intendere che sta accadendo quanto era fin troppo facile prevedere: una catastrofe. Le roboanti affermazioni del leader del partito comunista cinese Xi Jinping, secondo il quale la produzione industriale cinese è ripresa al 95%, è risultata subito non credibile, visto che i dati sull’inquinamento atmosferico dei maggiori centri industriali lascia intendere che invece sia tutto fermo.



Questa “visione dall’alto” è stata confermata dai successivi dati reali: la vendita delle auto è calata del 20% da un mese all’altro. La situazione è talmente grave che le case automobilistiche locali hanno cancellato i propri target di vendita, giungendo a dare dei contributi ai concessionari per permettere la loro sopravvivenza. Sicuramente fino a quando non sarà superato il problema del coronavirus non si potrà assistere a nessun miglioramento del mercato cinese. A essere colpiti saranno anche i produttori d’auto tedeschi e giapponesi che tanto avevano investito su quel mercato. A questo quadro catastrofico si può aggiungere il fatto che stanno trucidando migliaia di maiali a causa di una nuova ondata di infezione suina e che certe regioni sono infestate da cavallette che stanno distruggendo vastissime coltivazioni di riso, mentre il prezzo della carne suina è più che raddoppiato (+116%).



Questa catastrofe inizia ad avere riflessi in altri Paesi, perché la globalizzazione spinta di questi anni ha portato a delocalizzare la produzione laddove è più conveniente per la speculazione. Così accade che l’India stia pensando di bloccare l’esportazione di una serie di medicinali, per paura di rimanerne sprovvista: infatti, una serie di principi attivi farmaceutici necessari alla loro produzione vengono dalla Cina; ora però la produzione è stata interrotta e l’India non riesce a esportare più come prima. Il Governo ha creato una commissione di esperti per redarre una lista di farmaci la cui esportazione potrebbe essere vietata nel caso di diffusione del virus. La lista attualmente comprenderebbe 12 farmaci, fra cui antibiotici, e ormoni. L’India è attualmente la fornitrice del 20% dei farmaci generici a livello mondiale e un taglio secco nelle esportazioni potrebbe portare a una scarsità anche sui mercati internazionali.



Questo sconquasso sta creando anche impreviste situazioni paradossali: in certe aree negli Usa i drogati non trovano più la droga perché i cartelli messicani non trovano più le sostanza per elaborare una serie di droghe con componenti che prima arrivavano dalla Cina. Ovviamente il problema si riflette anche nelle forniture di antidolorifici per gli ospedali. Si tratta di una delle tante conseguenze della scelta scriteriata di delocalizzare produzioni cruciali: ma questa volta hanno delocalizzato pure le competenze e ricreare certe filiere produttive non è per nulla banale.

Nel frattempo cosa fa la Bce? Stampa denaro per interessi privati. L’uomo più ricco della Francia, il padrone della LVMH Bernard Arnault, ha approfittato di una delle tante forme di Qe per ottenere un fiume di denaro e acquistare il colosso americano del lusso Tiffany. Ovviamente non è stata la Bce a comprare le obbligazioni emesse dal gruppo LVMH, ha solo creato il denaro usato per quell’operazione. Però per gli Stati i soldi non ci sono e così il Governo italiano ha stanziato per l’attuale emergenza la cifra di 20 milioni di euro, circa 0,33 centesimi per abitante.

Sembra proprio che un gigantesco cigno nero si stia abbattendo non solo sui mercati finanziari, ma sull’umanità intera. Io non voglio essere parte di quanti diffondono la paura, perché considero la diffusione della paura come parte di un sistema che permette chi ha il potere di gestirlo meglio secondo i suoi interessi e non secondo il bene pubblico. Però non possiamo nemmeno nasconderci quanto sta accadendo, anzi: proprio comprendendo prima si può evitare il panico, nel momento in cui esso potrebbe prevalere. Semplicemente sta andando in briciole ciò che è sbagliato e immorale; ciò che rimarrà sarà ciò che è buono e giusto. Non bisogna perdere la speranza, qualsiasi cosa accada.

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