Circa un anno fa, agosto 2019, Blackrock ha pubblicato un breve “paper” su quello che avrebbero dovuto fare le autorità monetarie e i governi nella prossima crisi. Sono le firme del report a consigliarne la lettura; in particolare Stanley Fischer. Il paper iniziava l’analisi con una breve descrizione delle condizioni di partenza. Le politiche monetarie delle banche centrali si sono spinte al limite con un terzo delle obbligazioni statali a rendimento negativo. Oggi è certamente “peggio”. Le politiche fiscali dovrebbero avere un ruolo maggiore ma non sono particolarmente agili, soprattutto sugli “investimenti, e visto che i debiti sono già molto alti potrebbero portare a un innalzamento dei tassi di interesse e far aumentare i timori di un ‘consolidamento fiscale’ che farebbe venir meno l’efficacia degli stimoli”.



Occorre quindi una strategia nuova: occorre “going direct”; serve che i soldi delle banche centrali arrivino direttamente nelle mani pubbliche e private. Bisogna bypassare il limite raggiunto dalle banche centrali che hanno già raggiunto i minimi tassi possibili e serve che le politiche fiscali, che fanno aumentare il debito, non portino a tassi di interesse più alti limitando la crescita.



Una possibile risposta nuova è quella dell’helicopter money. Il problema è come mettere un limite a una politica che potrebbe facilmente sfuggire di mano causando iperinflazione. Come uscire quindi dall’angolo della situazione attuale, con le politiche monetarie esaurite, senza l’helicopter money e il suo probabilissimo danno collaterale dell’iperinflazione?

Occorre predefinire sia le circostanze che giustifichino un programma fiscale d’emergenza, sia la sua dimensione, sia che le banche centrali controllino la curva dei tassi durante la sua implementazione sia il target di inflazione che si vuole raggiungere. In questo modo si potrebbe evitare che l’helicopter money sfugga al controllo e ancorare le aspettative di inflazione del mercato. Essendo predefinito, l’intervento delle banche centrali e dei governi aiuterebbe gli operatori a incorporare da subito l’inflazione.



Oggi infatti in che contesto siamo? Oggi, per usare le parole del paper, siamo in un contesto di liquidity trap. Siccome l’intervento monetario e fiscale non è stato predefinito e gli operatori non ne conoscono preventivamente durata, dimensione e condizioni di uscita, gli investitori non comprendono come si possa uscire dalla liquidity trap che si è generata con le banche centrali che hanno raschiato il fondo del barile delle politiche tradizionali con i tassi incomprimibili. In questo scenario, sempre secondo il paper, le aspettative di inflazione crollano e ciò impedisce che i tassi bassi facciano aumentare la domanda. È la descrizione perfetta dello scenario attuale. I mercati non sanno e non capiscono come le banche centrali e i governi possano far ripartire la crescita, quindi scontano deflazione e così – per la cronaca – si spiega la crescita spettacolare delle quotazione dell’oro.

La crisi attuale, in altre parole, certifica che servono i nuovi strumenti del paper, un coordinamento strettissimo tra governi e banche centrali. Questo è l’unico modo per far ripartire le aspettative d’inflazione, con tutti gli effetti positivi, senza causare iperinflazione.

Il “coordinamento”, aggiungiamo infine noi, potrebbe avere un prezzo. Un rapporto così stretto tra banche centrali e governo, con le prime che vanno “going direct”, rischia di ingessare moltissimo le politiche economiche. Tutto o molto è preordinato e “top down”, dall’alto, anche le politiche economiche. Il rischio è che la scelta di politiche sbagliate non venga fermata in tempo e che non abbia alcuna opposizione, che solo le grandi società, certamente più famigliari alla burocrazia, prosperino in questo ambiente e infine che anche i singoli consumatori siano molto più controllati e controllabili. In altre parole una sorta di economia pianificata e pervasiva che forse ha diverse controindicazioni.