I titoli del lusso europeo a partire da giovedì hanno registrato performance al rialzo in doppia cifra. I rialzi sono arrivati dopo la decisione del Governo cinese di lanciare un pacchetto di stimoli all’economia che include tagli dei tassi e sostegni ai consumi anche sotto forma di trasferimenti diretti ai consumatori. Gli investitori, letta la notizia, si sono buttati sul settore del lusso perché che genera molti ricavi proprio in Cina.
Il settore ha vissuto una stagione, anche borsistica, eccezionalmente positiva dopo il Covid perché i clienti sono indifferenti agli incrementi di prezzo. L'”inflazione” che oggi costringe alcuni consumatori a scelte di acquisto diverse non è un problema per la clientela più abbiente. Il programma cinese può essere l’inizio di una politica economica nuova perché Pechino è costretta a fare i conti con evoluzioni geopolitiche che minano il suo modello economico. Il modello basato sugli investimenti e le esportazioni è strutturalmente in crisi in un mondo dominato dalle guerre commerciali, e non solo, e che marcia nella direzione della deglobalizzazione. In questo nuovo mondo la Cina avrebbe bisogno di ribilanciare la propria economica sui consumi, ma è più facile a dirsi che a farsi anche con importanti piani di stimolo. Cambiare abitudini consolidate non è facile e, comunque, gestire la transizione tra due modelli opposti è complicato.
Il piano di stimolo cinese ha effetti positivi sulla domanda anche di prodotti occidentali e aiuta l’economia di Pechino perché il deficit necessario per questo piano svaluta la moneta. Dato che siamo in una fase di guerre commerciali questo significa più dazi e più svalutazioni competitive perché nessuno vuole ritrovarsi con la valuta forte.
Tutto bene e tutto positivo, comunque, perché c’è la “crescita” e perché le parti più deboli dei mercati finanziari e del credito possono evitare di fare i conti con i problemi. I mercati nel frattempo festeggiano. È emblematico che il settore che più ha risentito della virata di Pechino sia quello del lusso. Svela una grande contraddizione di questi piani di stimolo monetario e fiscale e cioè che i benefici incassati dalla parte di popolazione più “ricca” sono sempre un multiplo di quelli che toccano ai poveri e alla classe media. L’andamento dei mercati è uno degli esempi massimi perché non tutti sono investiti allo stesso modo in compenso il prezzo che si paga, a scoppio ritardato, e cioè l’inflazione è pagato da tutti.
Se questo è il nuovo paradigma, non solo in Cina, perché bisogna evitare una recessione e una volatilità potenzialmente devastante sui mercati si pone un problema. Questi piani hanno benefici e costi asimmetrici; più sono grandi e più a lungo durano, più si generano distorsioni per cui la classe media perde potere d’acquisto e quella abbiente non lo perde o perfino lo guadagna. Questa è la sfida per la politica nel “nuovo mondo” in cui la forza deflattiva che hanno rappresentato la Cina e gli altri Paesi a basso costo scompare. Oggi si parla di stimoli cinesi, ma “domani” potremmo parlare di stimoli americani perché il prossimo Presidente potrebbe decidere di rilanciare l’economia con nuovi sussidi. Questo a conferma che il Paese asiatico non è un’eccezione.
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