Da tempo si discuteva sui pericoli di una incipiente pandemia. Bill Gates, il filantropo fondatore di Microsoft, aveva messo in guardia il mondo cinque anni fa. Era il marzo del 2015, alla conferenza Ted: “Non siamo pronti per una nuova epidemia”. Queste le parole con cui rintoccava la già tanto allarmante (ma forse non abbastanza) campana del virus Ebola, diffusosi prevalentemente in tre paesi dell’Africa occidentale, che causò la morte di oltre 11mila persone dal febbraio 2014 all’aprile 2015.



Il 18 ottobre 2019, all’Event 201–Pandemic Exercise, a ribadire la necessità di uno sforzo congiunto contro una potenziale pandemia, Bill Gates, questa volta, non si è ritrovato da solo. Con lui il World Economic Forum e il John Hopkins Center for Health Security. A quell’evento, poi, hanno preso parte, in nome e per conto proprio, Sofia Borges (UN Foundation), Brad Connett (Henry Schein), Chris Elias (Bill & Melinda Gates Foundation), Timothy G. Evans (World Bank Group), George Fu Gao (Chinese Center for Disease Control and Prevention), Avril Haines (WestExec Advisors), Jane Halton (Anz Bank), Matthew J. Harrington (Edelman), Martin Knuchel (Lufthansa), Eduardo Martinez (Ups Foundation), Stephen C.Redd (Centers for Disease Control and Prevention), Hasti Taghi (World Economic Forum), Adrian Thomas (Johnson & Johnson), Lavan Thiru (Monetary Authority of Singapore).



L’Event 201 ha simulato lo scoppio di un nuovo coronavirus trasmesso dai maiali all’uomo, proprio come temuto dallo scrittore di scienza David Quammen nel suo libro Spillover del 2014: “Forse il Next Big One emergerà da una porcilaia malese, viaggerà dentro una scrofa esportata fino a Singapore e da lì, come la Sars, andrà in giro per il mondo, per esempio nei polmoni di un assistente di volo che ha mangiato il maiale in agrodolce in uno di quei ristorantini alla moda, cari come il fuoco, vicino all’Hotel Raffles”.

Zoonosi, è così che si chiama una qualsiasi malattia infettiva che riesce a effettuare lo spillover animale-uomo, o viceversa. Già nel 1934 si aveva consapevolezza del fatto che i “virus filtrabili” potessero compiere il salto di specie (Zinsser, 1935).



Sono state simulate, altresì, le contromisure mediche e le ripercussioni economico-finanziarie di una pandemia in un mondo globalizzato. La mancanza di preparazione potrebbe permettere alla prossima epidemia di essere terribilmente più devastante dell’Ebola.

Mappa del grado di preparazione dei paesi  in caso di nuova pandemia. Fonte: Global Health Security, 2019

I dubbi socraticamente sollevati sul chi e come avrebbe dovuto provvedere agli aiuti umanitari in caso di calamità sono stati parzialmente fugati a seguito della comparsa del nuovo virus, che ad oggi porta una conta di oltre mille morti. Infatti, la Bill & Melinda Gates Foundation è stata tra le prime ad aver contribuito al fabbisogno finanziario dell’ingente spesa per il contenimento dello spread del 2019-nCov con una donazione di 100 milioni di dollari. A cascata poi, il BAT cinese (Baidu, Alibaba e Tencent) con poco meno di 100 milioni di dollari, Walmart con 143.000 dollari e Jp Morgan con 7,5 milioni di dollari donati direttamente alle città di Wuhan e Hubei.

Oltre a costituire un grave pericolo per la salute mondiale, il virus ha risvegliato gli orsi della finanza. Orsi che si sono dimostrati gli unici in grado di placare le forze propulsive del Dragone cinese. L’inizio del nuovo anno, infatti, ha segnato una nuova sfida che potrebbe compromettere il futuro della Cina, di concerto con quelle già presenti nell’agenda di Pechino.

Il primo caso della nuova pandemia è stato ufficialmente registrato il 31 dicembre 2019. Il panico che si è subito scatenato ha portato il prezzo del petrolio sotto i 60 dollari, mentre l’oro, il safe asset per eccellenza, com’era ovvio aspettarsi, è balzato poco distante dai 1.600 dollari.

Bad news are good news: per gli addetti ai lavori è così che funziona. Una notizia (buona o cattiva che sia), che provoca uno shock economico, genera volatilità ed è con questa che aumentano i guadagni (o le perdite). Da una notizia come quella del primo caso di 2019-nCov è lecito aspettarsi un appeal maggiore per le azioni delle imprese per le quali bad news del genere siano, invece, delle good news. È il caso, infatti, sia delle imprese che provvedono alla fornitura di dispositivi medico-sanitari sia delle aziende biotech. Con riferimento alle seconde, Cnbc ha pubblicato un elenco di quelle impegnate contro il nuovo virus.

Stando a quanto riportato nell’articolo, solo nel mese di gennaio Vir Biotech ha visto balzare del 111% il prezzo delle proprie azioni, Novavax del 91% e Inovio Pharmaceuticals del 34%. Anche per J&J, che aveva perso quota a seguito della maxi-condanna da 8 miliardi di dollari, è migliorato l’outlook. Infatti, il target price medio, secondo gli analisti, è pari a 168,43 dollari (fonte: Nasdaq.com).

Anzi, nonostante le vicende che hanno visto protagonista J&J, l’interesse verso questa società non è calato e le azioni hanno raggiunto gli stessi livelli di prezzo del dicembre 2018.

L’interesse degli investitori si era manifestato già nei primi giorni dopo il 18 ottobre 2019 ed è possibile notarlo mediante uno strumento d’analisi dei volumi di scambio. In particolare, l’On Balance Volume è un indicatore che mette in relazione prezzi e volumi per indicare, appunto, il momento in cui il trend acquista forza (o la perde). Questo cresce quando i volumi dei giorni di rialzo superano i volumi dei giorni di ribasso. Le situazioni nelle quali risulta maggiormente indicativo sono quelle di divergenza, ossia quando si muove inversamente rispetto ai prezzi, indicando così una inversione di trend. Di seguito una panoramica mediante l’OBV.

Come rilevato, dal 22 ottobre 2019, la domanda per le azioni J&J ha iniziato a rafforzarsi dopo un lungo periodo travagliato che vedeva Johnson&Johnson bersaglio di sanzioni e critiche per politiche commerciali scorrette. Sostegno, peraltro, tornato sui livelli di giugno 2019 e dicembre 2018. Bad news are good news…

Intanto, a seguito dell’interruzione della supply chain, i mercati restano in attesa di conferme sulle prossime mosse della Banca centrale cinese, la quale nelle ultime ore si è vista costretta al ricorso di politiche monetarie espansive per garantire un’adeguata liquidità e tenere sotto controllo i tassi d’interesse sul mercato obbligazionario e monetario.

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