La notizia del primo vaccino efficace contro il “coronavirus” ha fatto bene ai mercati, incluso il derelitto listino italiano. Facciamo un passo indietro. Il coronavirus ha due caratteristiche “finanziarie”: la prima è che ha determinato il blocco totale di interi settori economico-sociali, il turismo in tutte le sue forme, la ristorazione, le attività didattiche ed educative tra gli altri. La seconda è che tutto questo è stato completamente inaspettato: nel giro di due settimane il mondo si è fermato senza che nessuno fosse preparato a parte qualche lodevole eccezione.
Oggi gli interrogativi si moltiplicano. Uno è quando finirà la prima ondata, un altro è se arriverà una seconda ondata e, soprattutto, quanto simili le conseguenze saranno sulla vita di tutti i giorni rispetto ai giorni peggiori del lockdown. Poi c’è un altro ampio campo di discussione su chi ha fatto meglio durante la pandemia: l’Italia o la Svezia? I numeri non danno grandissime certezze al lordo di impatti economici molto diversi.
Gli interrogativi sono gli stessi dei mercati perché qualsiasi scenario di ripresa a “V” o qualsiasi assunzione sulla rapidità della ripresa passa, preventivamente, da una valutazione sull’evoluzione del virus, sulla capacità degli Stati di affrontarlo o di conviverci con minore o maggiore impatto sull’economia.
Oggi la convinzione generale è che l’unica arma veramente finale contro la malattia sia il vaccino. Il mantra è più o meno questo: “Finché non avremo il vaccino non si potrà fare questo o quello”. In sostanza il vaccino, nella narrazione attuale, è l’unica cosa che ci permetterà di tornare a una vita “normale”. Crediamo che a nessuno sfugga il cambiamento della narrazione: tre mesi fa il tema era il numero di letti occupati in terapia intensiva, oggi i “contagiati” indipendentemente dal loro effetto sulle “grandezze” più rilevanti.
Il “vaccino russo” probabilmente è sospetto o non affidabile, ma la “notizia” vale comunque come segnale che “l’arma finale” non è particolarmente lontana e quindi i mercati possono cominciare a lavorare di fantasia sul ritorno alla normalità. Tutto, ovviamente, avviene nel pieno dell’azione delle banche centrali con una quantità mostruosa di asset a rendimento negativo. Gli scenari ottimistici o speranzosi sono in un certo senso obbligati per un investitore che seppur molto cauto di natura non voglia perdere il treno dei rialzi.
La scommessa quindi è che il vaccino sia effettivamente non troppo lontano, se non proprio dietro l’angolo, e che sia l’arma finale che ci hanno promesso. L’unica controindicazione è che lo spazio che si è aperto tra le aspettative dei mercati e la realtà economica si è allargato ulteriormente da livelli già piuttosto grandi. Speriamo quindi che il mantra del “dobbiamo aspettare il vaccino” sia stato ben riposto e che il vaccino russo o un suo equivalente occidentale sia, più o meno, dietro l’angolo.