Vorrei tentare di trasmettere ai miei lettori tutta la mia preoccupazione per la gravità della situazione. A volte capita che rilegga i miei articoli qualche giorno dopo la loro pubblicazione e ho l’impressione di non aver trasmesso adeguatamente l’urgenza di fare qualcosa quanto prima, qualcosa di concreto, prima che la situazione sfugga di mano.
Può sfuggire di mano la situazione per fattori esterni, per una crisi internazionale che semplicemente finisce fuori controllo e ci si ritrova con pesanti effetti sull’economia interna (come per uno shock sul prezzo del petrolio, tanto per fare un esempio già vissuto). Oppure può sfuggire di mano per l’esplosione di tensioni sociali. E non oso immaginare cosa potrebbe accadere in quel caso.
Per comprendere meglio la gravità della situazione, voglio parlare di un argomento in qualche modo collaterale all’economia, ma centrale nei discorsi odierni e centrale (purtroppo) nel prossimo futuro. Anche perché il prossimo futuro economico tutti gli esperti lo definiscono come “post-pandemia”. E quindi di pandemia tocca parlare.
Occorre fare un’attenta analisi e comprendere quanto ci è stato raccontato per poter distinguere cosa è stata una scelta sanitaria e cosa invece è stata una scelta politica. Per esempio, la scelta di puntare tutto sui vaccini, come dichiarato da diversi esponenti politici prima che i vaccini arrivassero, è stata chiaramente una scelta politica e non scientifica o sanitaria; la scienza non si è di certo mutata in indovina e non poteva certo prevedere se una cura sarebbe arrivata da qualche altro ramo di ricerca.
Un altro esempio evidente di scelta politica è lo strumento del certificato Covid-19 (come definito nella legge) comunemente noto come green pass. Lo ha detto perfino Andrea Crisanti, uno dei virologi più noti e mediaticamente presenti in televisione: “Non diciamo fesserie: il Green pass non ha alcuna funzione sanitaria, è solo uno strumento usato per spingere quante più persone possibili a vaccinarsi”.
Anche la recente risposta di Draghi in conferenza stampa è di stampo politico; alla domanda se si va verso la vaccinazione obbligatoria, la sua risposta è stata un laconico “sì”. Ma come, la Protezione civile ha annunciato la fine della campagna vaccinale perché ormai si è raggiunta l’immunità di gregge (due dosi iniettate all’80% della popolazione sopra i 12 anni): allora a cosa diavolo serve il vaccino obbligatorio? Serve a smaltire le dosi accumulate in frigorifero e prossime alla scadenza?
A me pare chiaro che il tentativo (mal riuscito) è quello di spaccare la popolazione italiana, mettere le parti una contro l’altra e continuare a rimanere al potere nella gestione del potere, sfruttando questa spaccatura; l’alternativa (per loro) sarebbe un popolo italiano unito e saldato contro l’attuale compagine governativa, da spazzare via alla prima occasione elettorale.
L’intento della divisione è reso palese dalla violenza verbale degli ultimi tempi, diventata ormai un martellamento continuo. Se io dicessi “caccia al negro” sarei giustamente giudicato un razzista; se dicessi “caccia al giornalista” sarei giustamente tacciato almeno di violenza verbale. Invece qualcuno scrive “Caccia ai non vaccinati” e nessuno dice niente, nemmeno sul fatto che è apparso come titolo del quotidiano Repubblica del 19 luglio scorso. E si aggiunge “Sono oltre 17 milioni”, quasi a suggerire che la caccia è facile, basta un pochino di impegno. E appresso a Repubblica, tutta la valanga di quotidiani locali, tutti con titoli simili. Basta interrogare il motore di ricerca per trovare un nutrito elenco di questi titoli. E si trovano anche quelli degli altri quotidiani a tiratura nazionale: “Team della Difesa e medici di base. Partita la caccia ai No Vax over 60” (Il Giornale), “Caccia ai no vax nella Sanità del Piemonte, ma nessuno sa dire quanti sono” (La Stampa), “Contagi ancora in crescita, caccia ai non vaccinati” (RaiNews).
Ma immagino che il tentativo stia andando piuttosto male, vista la recente esposizione di Draghi. Perché andare in televisione e arrivare a dire “chi ha il green pass ha la certezza di trovarsi in un ambiente sicuro”? Perché arrivare ad un tale livello di menzogna, se chi ha il certificato vaccinale potrebbe essere uno vaccinato e asintomatico, che potrebbe essere infetto e potrebbe infettare?
Non solo perché la campagna vaccinale in fondo è andata male, come è andato male il tentativo di spaccare la società civile italiana, in fondo ancora molto coesa e solidale nonostante tanti limiti e storture. Non solo per questo, ma anche perché l’obiettivo di chi governa e di chi ha il potere non è la nostra salute, ma il potere, sempre più potere, in barba a qualsiasi elezione, in barba alla democrazia.
Il vero problema è la nostra difficoltà ad ammettere ciò che consideriamo un dogma, cioè la bontà delle istituzioni, il fatto che nonostante le storture lavorino per il nostro bene. Siamo mentalmente anni luce lontani da qualsiasi forma totalitaria e immaginiamo che lo siano anche le istituzioni che ci rappresentano. Ma non è così, la logica e la ragione ci mostrano che non è così. La campagna vaccinale è andata male non per i numeri raggiunti, ma perché ha radicato in una frazione importante della popolazione (circa un quarto?) la convinzione che tale campagna non abbia a che fare con la salute come interesse nazionale (articolo 32 della Costituzione), ma sia un’azione politica, un’azione di dominio e sottomissione delle coscienze. E che non sia un’operazione di salute pubblica lo hanno affermato i virologi commentando il green pass obbligatorio. Ma oltre a quello, lo dicono i freddi numeri.
Ora che è passata l’estate e la gran parte della popolazione over 12 è vaccinata, i numeri sono implacabili. Tenete presente questo dato: il 19 luglio i principali giornali annunciano che la campagna vaccinale ha ormai portato alla vaccinazione completa (le due dosi) il 50% degli over 12. Ora prendiamo i numeri ufficiali sui decessi da Covid presentati ogni giorno dalla Protezione civile, reperibili a questo link.
Alla colonna “deceduti”, alla riga 100 troviamo il dato dei deceduti dall’inizio della pandemia fino al 1° giugno 2020: 33.475; alla riga 191 troviamo lo stesso tipo di dato, ma alla data del 31 agosto 2020: 35.483. Quindi nei tre mesi estivi del 2020, senza vaccini, abbiamo avuto 2.008 decessi da Covid.
Ora andiamo alla riga 465, corrispondente alla data del 1° giugno 2021: deceduti totali 126.221; alla riga 557, corrispondente alla data del 31 agosto 2021, leggiamo: deceduti 129.290. Quindi nello stesso periodo, ma anno 2021, con i vaccini, in tre mesi abbiamo avuto 3.069 decessi, con un aumento di circa il 50% rispetto all’anno precedente.
E questo è probabilmente un dato sottostimato, poiché a giugno avevamo meno del 50% della popolazione completamente vaccinata, mentre ora siamo a oltre il 70%. Infatti, se prendiamo i valori del solo mese di agosto, abbiamo 337 decessi nel 2020 e 1.225 nel 2021, con un aumento percentuale del 363% quest’anno rispetto al periodo senza vaccini. Tale numero, con una certa approssimazione, corrisponde alla percentuale elaborata dal dottor Marco Cosentino (Responsabile scientifico del Centro interdipartimentale di ricerche in farmacologia medica presso l’Università dell’Insubria Varese-Como), basandosi sul periodico e dettagliato report delle autorità inglesi.
Tutto questo corrisponde a quanto sta accadendo all’estero, nei paesi che sono più avanti di noi nella vaccinazione, come Gran Bretagna, Israele e Islanda. Anche loro, nonostante il periodo estivo, stanno vivendo un drammatico rialzo di infetti, ammalati e decessi.
Non faccio commenti sulla questione politica, né su quella sanitaria, ma se i vaccini non funzionano, rischiamo di trovarci davanti un inverno da incubo: con una diffusione virale crescente e ospedali intasati e personale ridotto all’osso (per le scelte politiche di questo governo che non ha posto rimedi strutturali ai tagli sanitari degli anni precedenti). Il rischio è quello di trovarsi con un’economia reale al collasso, anche perché costretta da nuovi lockdown, visto che questo governo non conosce e non vuole conoscere altre soluzioni (al contrario di altri paesi).
Occorre comprendere che ormai lo Stato ha accumulato 2.700 miliardi di debito, mentre il Pil, crollato per la pandemia, non si è più ripreso. E nelle casse del ministero del Tesoro vi sono circa 115 miliardi di euro. Come hanno fatto? Semplice, tagliando le spese, azzerando gli investimenti, ritardando i pagamenti dei fornitori: un comportamento criminale (politicamente) tipico di chi ormai pensa solo a se stesso e alla propria sopravvivenza, fregandosene di qualsiasi morale.
Ora, il peculiare problema italiano va inquadrato nel contesto internazionale, dove si respira un’aria pesante perché, se le cose non vanno così male in Italia, non si può certo dire che le cose altrove vadano bene, anzi.
Negli Usa vi sono 20 milioni di famiglie di fatto mantenute dai sussidi statali, grazie ai quali il 10% della popolazione americana non finisce in mezzo alla strada. Ma per poter continuare questa dipendenza, ormai drogata dal denaro statale, occorre che la Fed continui a stampare denaro. Il “piccolo” problema è che prima della pandemia, per generare un dollaro di Pil occorrevano 4 dollari di debito, ora invece ce ne vogliono 9. Tutto questo denaro in circolazione prima o poi creerà un’inflazione che difficilmente potrà essere tenuta sotto controllo, perché il controllo sull’inflazione della Fed, come delle altre banche centrali, è solo indiretto: nessuna banca centrale potrà mai controllare i prezzi al supermercato.
Con la prospettiva di una crisi finanziaria globale, l’Italia rischia di trovarsi colpita nel pieno di una crisi sanitaria e sociale, oltreché economica. E il governo e il premier Draghi saranno i primi responsabili di questo disastro
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