Negli annali finanziari, probabilmente a livello globale, non c’è memoria di un botta e risposta di Borsa – peraltro di domenica pomeriggio – fra padre e figli su un gruppo trophy come Gedi: editoriale di due fra i maggiori quotidiani italiani e di molte altre testate minori. È questa la più immediata delle riflessioni sul “caso De Benedetti” e guarda allo stato del capitalismo italiano, fra dinastie storiche e mercati. Ma alla riapertura di Piazza Affari sono gli elementi sostanziali della Gedi-story ad incalzare.
Il polo controllato al 43% dalla Cir – la holding dei De Benedetti, oggi in mano ai tre figli di Carlo – è da mesi al centro di voci su un possibile passaggio di mano: a tre anni dalla fusione fra Espresso-Repubblica e Itedi (famiglie Agnelli e Perrone, rimaste azioniste di minoranza di Gedi) è noto il disinteresse strategico per l’editoria da parte di Rodolfo De Benedetti (il primogenito dell’Ingegnere, a capo di Cir). E – come ha del resto confermato ieri lo stesso De Benedetti Sr – la media industry è diventata da tempo un settore “sfidante”: cioè molto più denso di rischi che di opportunità, soprattutto per un polo tradizionale e nazionale come Gedi.
Per una Gedi tutt’altro che disastrata nei conti – nonostante il calo dei ricavi diffusionali e pubblicitari morda – e dotata di testate ancora di gran valore, tuttavia, gli interessi non mancano. Nelle ultime settimane, infatti, si sono fatti più forti i rumor di sondaggi o di vere e proprie offerte. Sono circolati nomi di grandi fondi di private equity (del profilo di Kkr, che ha appena acquisito il gigante tedesco Springer), oppure di finanzieri tricolori come Flavio Cattaneo, ex Dg Rai e Ad di Tim e Italo, forse affiancato da Luca di Montezemolo. Ma non è affatto escluso che abbia aperto il dossier lo stesso Yaki Elkann che – non va dimenticato – è azionista importante dell’Economist e si è ritirato da Rcs. La mossa dell’ex proprietario-editore è sembrata anzitutto ufficializzare che Gedi era effettivamente sul mercato. Che anzi, qualche trattativa era forse ben indirizzata: tanto da rendere necessaria una contro-mossa affannata da parte dell’Ingegnere. Uno stop e nulla più, almeno per ora.
La Cir ha infatti buon gioco a respingere seduta stante l’offerta di acquisto di Romed sul 29,9% senza premio sulla quotazione di Borsa. Ma se la sortita dell’Ingegnere evidenzia una forte connotazione personale (l’intento di tornare a 83 anni nell’arena politico-editoriale) anche il figlio non ha fatto mancare una risposta di “sconcerto” personale. Ma – come è in uso dire a Wall Street – far rientrare il dentifricio nel tubetto è sempre ai limiti dell’impossibile. Soprattutto quando in Borsa viene lanciato il guanto di un’offerta e questo viene respinto a tono strettamente finanziario (“il prezzo non è adeguato”). Se poi – secondo un altro proverbio del New York Stock Exchange – la società in gioco non produce “broccoli”, ma è il più grande player dell’editoria giornalistica italiana assieme ad Rcs, Rai e Mediaset, il caso Gedi promette di essere molto di più dell’eco di una domenica di cattivo umore in casa De Benedetti.