Mario Deaglio non ha dubbi: per sbloccare il motore dell’economia italiana inceppato dall’emergenza coronavirus occorre agire su due “snodi”. Il primo è l’Europa, chiedendo a Bruxelles che le maggiori spese necessarie non vengano considerate ai fini delle valutazioni sul bilancio pubblico. Su questo il Governo è già al lavoro e sembrano esserci aperture dalla Commissione. Il secondo snodo riguarda il credito. Per il Professore di Economia internazionale all’Università di Torino, «è necessario qualcosa di più del generico “sostegno” alle imprese preannunciato dal presidente del Consiglio».



Che cosa in particolare bisognerebbe fare su questo fronte?

Probabilmente occorre un intervento differenziato. Per le imprese medie e medio-piccole, con bilanci buoni e solide, si potrebbe pensare in linea di principio a una garanzia statale. Un qualcosa di simile a quanto fatto in passato dalla Francia, dove a cinquecento imprese lo Stato, ha dato garanzie dirette con le banche entro un certo massimale. I dettagli sarebbero ovviamente tutti da discutere. Per le piccole imprese la prima cosa invece da fare dovrebbe essere sollevarle temporaneamente dal carico fiscale. In America la chiamano tax holiday, una “vacanza fiscale”. Non però con un intervento generalizzato, ma operando settore per settore, perché ovviamente non tutti saranno in crisi.



E le imprese più grandi?

Penso che possano e debbano difendersi da sole con gli strumenti che hanno. Ovviamente in linea di principio, perché possono esserci casi specifici di difficoltà. Il vero problema su cui non so indicare una possibile soluzione riguarda invece le imprese pubbliche, soprattutto quelle di servizi locali, per esempio quelle di trasporti. Vedremo cosa deciderà il Governo. Vorrei segnalare però una cosa sfuggita ai media italiani.

Quale?

Il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, martedì ha decretato lo stato di emergenza economica e ha detto: “Non è il momento di sopravvalutare i mezzi messi a disposizione”. Cioè, ha fatto capire che il principio dovrebbe essere che i mezzi che saranno necessari devono essere trovati. Naturalmente tutti a questo punto guardano all’Europa, alla Bce, la quale ancora non ha detto nulla, ma penso si farà sentire presto.



Dopo la mossa della Fed di martedì, che a mercati aperti ha tagliato di mezzo punto i tassi di interesse, pensa che la Bce aspetterà la riunione del board di settimana prossima o si muoverà prima?

Dipende anche da come andranno i mercati in questi giorni. Io penso però che la Bce dovrebbe differenziarsi dalla Fed. Cioè, non agire sui tassi, che già sono a zero, ma studiare interventi mirati. Per esempio, le garanzie alle imprese di cui ho parlato prima potrebbero essere concesse tramite l’emissione di buoni del Tesoro specifici che, se non sottoscritti dal mercato, verrebbero acquistati dalla Bce. Gli Stati che vanno in super-deficit per motivi “giustificati”, valutati a livello europeo, avrebbero quindi questo supporto.

Non pensa però che ci sarebbe una grande discussione in ambito europeo sui criteri con cui riconoscere la possibilità di avere questa garanzia della Bce?

Certo che ci sarà una discussione vivace, non è possibile altrimenti. Bisogna pur farla. Difficile dire quale sarebbe il criterio giusto da seguire. Ci sono tanti parametri di cui si potrebbe tenere conto: il Pil, la popolazione, il numero di contagiati, l’impatto sul commercio estero, ecc.

Tutto questo potrebbe richiedere tempo. Come può l’Europa invece intervenire rapidamente?

Nessuno ha la soluzione in tasca, essa va costruita. Si potrebbe, per esempio, mettere finalmente in pista il famoso piano verde tanto caro alla nuova Commissione. In questo modo si attiverebbe una politica anti-ciclica che aiuterebbe l’economia e l’occupazione. Si potrebbe in questo coinvolgere la Banca europea degli investimenti e creare un fondo europeo, senza pensare a prestiti ai singoli Stati. Diversi Paesi potrebbero anche unirsi per progetti comuni da far finanziare. L’importante è che inizino al più presto incontri e colloqui per consentire un’azione rapida.

Dopo l’esito del G7 sarà importante però che si arrivi anche a un’azione coordinata a livello globale…

Ci sono aree in cui l’epidemia al momento non è ancora arrivata, quindi non è semplice parlare ora di azione globale. Per il resto abbiamo una serie di accordi commerciali, per esempio quello concluso non molto tempo fa tra Ue e Giappone, che potrebbero essere potenziati in questa fase, facilitando una ripresa mondiale coordinata.

In questo senso sarà importante anche l’atteggiamento che deciderà di tenere Trump.

Credo che dovrà fare i conti con la realtà, perché ci sono già previsioni di rallentamento sensibile del fatturato proprio nei settori dell’economia americana che si riforniscono in Cina o che hanno lì un importante sbocco di mercato. Quindi Trump dovrà per forza avere un atteggiamento diverso dal passato, specie se aumenteranno i contagi negli Stati Uniti.

(Lorenzo Torrisi)

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