È del tutto evidente, da quanto descritto nei precedenti articoli, che occorre rimettere nella gabbia la tigre dell’ancestrale avidità umana che la finanza ha saputo armare in modo devastante.

In particolare, diventa necessario riportare un ordine naturale nelle cose e avviare un processo di “definanziarizzazione” dell’economia reale riprendendo quanto già fatto nella storia in presenza di bolle esplosive finanziarie a partire dalla crisi dei tulipani, passando da quella della Compagnia delle Indie, e, infine, con la Grande depressione generata, ancora una volta, da una finanza fuori controllo, ma curata allo stesso modo negli Usa di Roosevelt, grazie alla straordinarie intuizioni di Keynes, ingegnere sociale, e nella Germania devastata dall’iperinflazione da uno dei migliori economisti del secolo scorso, Hjalmar Schacht: la moneta viene anestetizzata riportandola ad avere il ruolo di oggetto di scambio e ancorandola ancora una volta a un bene reale – oro, ma anche farina, grano, ecc. – per limitare l’abisso che la separa dal mondo reale.



Il ritorno alla convertibilità della moneta all’oro non è più evitabile e gli acquisti di oro da parte della Cina, della Russia, dell’Austria e il tentativo da parte della Germania di recuperare il suo oro depositato nei forzieri della Fed (quello che c’è) dimostrano come la strada sia già tracciata; l’Italia da questo punto di vista risulta in una posizione favorevole essendo la quarta detentrice al mondo di riserve auree. È del tutto ipotizzabile che la debolezza degli Usa in tutti i settori, compreso quello militare, stia spingendo gli altri Paesi in un riequilibrio globale più a loro favore, con la logica conseguenza di pensare a una dedollarizzazione rendendo la loro valuta prima o poi convertibile in oro, cosa che gli Usa non sono più in grado di fare.



Il ripristino del Glass-Steagall Act  per separare le banche d’affari da quelle commerciali diventa un passaggio obbligato, così come la sterilizzazione di gran parte della strumentazione finanziaria tossica. Il ritorno a un equilibrio naturale nelle cose è, alla fine, inevitabile. La strada non è senza problemi, ma gli accodi tra i Governi che sempre più vedono diventare precaria la loro sovranità nazionale è un passaggio necessario per riportare un odine sociale sovvertito da un potere finanziario che non ha limiti morali, né rispetto per la persona. Alla fine la Storia presenta sempre il conto all’homo più “stupidus” che “sapiens” e più tardi avviene la percezione della necessità del cambiamento, più violenta diventa l’ordalia che segna sempre il passaggio da un modello socioculturale a un altro nei secoli (Fabrizio Pezzani, Umano poco umano. Riflessioni su moneta, finanza, macrousura, Egea, 2018).



In attesa della definizione di un meccanismo di scambi basato sulla convertibilità delle monete in un sottostante, una soluzione è quella di internalizzare il debito pubblico per evitare che venga attaccato dalla speculazione finanziaria come ha fatto il Giappone in base alle indicazioni fornite nel dopoguerra da Schacht, che aveva usato questa formula per risollevare la Germania nel 1923 evitando una guerra monetaria.

Infine, anche la colpevole assenza dell’Europa come mediatrice degli eccessi mette in crisi il modello di cultura occidentale. L’Europa non può più rimanere alla finestra subendo passivamente una finanza legata al sistema americano fondato sul mercato, avendo una storia legata ai sistemi di welfare. La subordinazione alla finanza deregolamentata ha levato all’Europa quell’autonomia che sarebbe stata necessaria per temperare le follie di dominio di interessi che ha finito per subire. Gli errori dell’Europa sono stati la mancata definizione di una barriera ai prodotti tossici che ci hanno travolto e la mancanza di un’agenzia di rating rispettosa delle diversità rispetto a quelle basate sulla cultura del mercato e a loro volta strumento di azioni lontane da una scientificità che è stata sostituita dagli interessi.

L’Europa è venuta meno ai compiti che Romano Guardini aveva pensato in merito al suo ruolo scrivendo: “L’Europa ha creato l’età moderna, ma ha tenuto ferma la sua connessione con il passato […] e ha provato la potenza anche come destino che rimane indeciso dove condurrà. […] L’Europa ha prodotto l’idea della libertà, dell’uomo e della sua opera e a essa compete il compito storico di riportare la saggezza nella storia dell’uomo” (Europa compito e destino, Morcelliana, 2004).

La passività ha contribuito a mettere in crisi un modello culturale forgiato nei secoli e purtroppo oggi non abbiamo le persone che possano riprendere le redini definite dai padri fondatori.

(5 – continua)

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