Le conclusioni di quanto esposto nei precedenti articoli sono evidenti e drammatiche, perché danno mostra di come una finanza staccata dal mondo reale – e per questo sempre manipolabile perché non risponde a una logica razionale e plausibile sottostante – diventa un’arma non convenzionale da guerra, ma certamente più distruttiva, contro ogni principio dichiarato nel 1948 in occasione della costituzione delle Nazioni Unite.



La politica distruttiva della finanza continua senza limiti e la bolla devastante e manipolatoria continua con valutazioni azionarie lontane anni luce dai valori reali e le agenzie di rating sono sempre manovrate nelle loro valutazione: basterebbe pensare alla tripla A assegnata agli Stati Uniti, a fronte di un sistema sociale che sta collassando.



Il ripristino di un equilibrio globale si deve fondare sia su un ritorno alla convertibilità delle monete, sia a una disciplina regolatoria rigida funzionale a portare fuori dal mercato tutti i titoli tossici che hanno devastato il mondo. In questo modo si potranno levare dalle mani dei “pupari” le armi di devastazione di massa; questi interessi, però, non possono uscire indenni dalle gravi colpe che hanno colpito il genere umano.

La finanza, ma dovremmo dire le persone e gli interessi che la governano e la dirigono verso i loro scopi, sono da denunciare per crimini contro l’umanità non diversamente dai crimini di guerra che hanno caratterizzato il secolo scorso, come pure quelli consumati nel presente secolo che hanno portato a distruzioni di massa. Accanto a questi la giurisprudenza ha definito i crimini contro l’umanità e forse i crimini “finanziari” sono tra di essi.



Volendo esemplificare potremmo richiamare la distinzione che Socrate faceva fra sapere strumentale e sapere morale: il primo consiste nel fare uno strumento, ad esempio un coltello, e nel nostro caso la finanza, che di per sé è un sapere strumentale che non ha fini che sono invece posti dal sapere morale. È l’intenzionalità dell’uomo che attribuendo ai due oggetti, materiale e immateriale, un uso funzionale può determinare il bene e il male. La finanza non è in sé un male, potrebbe essere usata per fare del bene, ma, nel nostro caso è usata per fare del male come il coltello se viene usato per uccidere. In questi casi viene commesso un crimine che come tale deve essere posto a giudizio; nel caso del coltello abbiamo un crimine individuale, nel caso della finanza abbiamo un crimine contro una collettività che è definibile come “crimine verso l’umanità”.

La giurisprudenza, infatti, ha fornito la seguente definizione: “La locuzione crimini contro l’umanità definisce le azioni criminali che riguardano violenze e abusi contro popoli o parte di popoli, o che comunque siano percepite, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetrate in danno dell’intera umanità. I crimini contro l’umanità sono in genere distinti dai crimini di guerra”.

Forse è ora di domandarsi a cosa siamo di fronte quando un potere deregolamentato e senza responsabilità apparenti come quello della finanza diventa distruttivo verso i sistemi sociali e gli Stati legandoli a un debito incatenato alla finanza che lo destabilizza, creando povertà, miserie e patologie sociali, situazioni create ad arte che soffocano e cancellano tutti i diritti scritti nel 1948. I reati commessi dovrebbero sottostare a un giudizio e a un tribunale speciale che valuti le conseguenze generate da tali azioni criminali ed emetta un giudizio di condanna al fine di bloccare la reiterazione di questi comportamenti, come successe per crimini di guerra a Norimberga.

Per potere avere un tribunale sulla scorta di quello di Norimberga, però, è necessaria una coscienza civile consapevole del dramma creato in modo così criminoso e ancora più grave per la capacità dei colpevoli di nascondersi dietro uno schermo di società fantasma che li rende irraggiungibili fino a quando il dolore globale delle tante e troppe persone disperate arriverà alle coscienze a chiedere giustizia.

(6 – fine)

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