“Il Next Generation Eu è lo strumento con cui possiamo dare ritmo e forza alla ripresa”. Queste le parole pronunciate ieri da Paolo Gentiloni nel corso dell’audizione alle commissioni Bilancio e Politiche dell’Unione europea di Camera e Senato, il giorno successivo alla diffusione da parte dell’Istat dei dati definitivi sul Pil del secondo trimestre, che hanno peggiorato la stima iniziale di un mese fa. Il commissario europeo agli Affari economici ha ricordato che il Recovery plan che ogni Paese dovrà mettere a punto non deve essere “una raccolta di esigenze e di emergenze”, ma rappresentare “il coraggio di scegliere e di guidare questa ripresa e questa ricostruzione perché o lo facciamo oggi o sarà difficile farlo in un’altra occasione”. Inoltre, ha evidenziato che i primi stanziamenti, pari al 10% dei 209 miliardi che spettano all’Italia, arriveranno “presumibilmente nel primo semestre del prossimo anno”, mentre “le altre erogazioni avverranno a cadenza semestrale”. Un dettaglio, questo sulla tempistica delle risorse, che per Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, è politicamente molto importante.



Professore, il Recovery fund potrà aiutarci ad avere una ripresa solida, al di là del rimbalzo che per forza ci sarà, a meno di un nuovo lockdown?

I dati dell’Istat mettono in luce che una politica basata sulla domanda di beni di consumo non genera crescita. Per una vera ripresa occorrono investimenti. Non dobbiamo dimenticare che l’anno scorso proprio il nodo delle infrastrutture, nel caso specifico la Tav, ha portato alla fine del Governo Conte-1 e che quindi il blocco degli investimenti stava generando già una mancata crescita. Inoltre, il nome corretto del Recovery fund è Next Generation Eu, cosa che fa intendere che ha una prospettiva basata non sull’aiuto per la ricostruzione, ma finalizzata alla costruzione strutturale del futuro, tramite investimenti, dando priorità a quelli dematerializzati che riguardano il capitale umano e la riduzione dell’inquinamento. Cose molto diverse dall’assistenzialismo che sta contraddistinguendo la politica economica dell’esecutivo.



Che intende però approvare, insieme alla Legge di bilancio, una parte del Recovery plan in modo da poter avere 20 miliardi di risorse per investimenti all’inizio dell’anno prossimo…

Gentiloni ha chiarito quali sono le tempistiche per le risorse ed è perciò impossibile che si possano avere prima della metà del 2021. I 209 miliardi non arriveranno tutti e subito, ma saranno dilazionati nell’arco di sette anni. Questo vuol dire che servirebbe il Mes sanitario con urgenza, sia per le spese sanitarie che per quelle di prevenzione, anche per la ripartenza dell’anno scolastico.



Ma si aprirebbe un problema politico importante per la maggioranza.

Si tratta di un nodo che verrà per forza al pettine. Non prima delle elezioni amministrative ovviamente.

Torniamo al Recovery plan. Quanto ha detto prima vuol dire che il Governo può anche accelerare i tempi, ma questo non porterà a un’erogazione anticipata delle risorse da parte dell’Europa?

Esatto. Quello di cui si parla mi sembra più propaganda. È chiaro tuttavia che urgono investimenti nel nostro Paese e per questo, data appunto l’urgenza, sarebbe necessario un decreto legge per finanziare tre interventi: la banda larga, la riconversione degli altiforni dell’ex Ilva di Taranto e l’Alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Poi andrebbero sbloccate tutte quelle opere in parte già finanziate, ma i cui cantieri restano fermi.

Una volta messo a punto, il Recovery plan dovrebbe essere approvato da Parlamento o potrebbe essere trasmesso direttamente a Bruxelles?

Deve passare dal Parlamento per avere valore operativo. Potrà anche essere trasmesso prima a Bruxelles, ma per avere i fondi verrà comunque chiesto un passaggio parlamentare. Come del resto accade per la Legge di bilancio o per il Def.

Può esserci allora un “assalto alla diligenza”, con modifiche non irrilevanti da parte della Camere, com’è capitato in passato nel caso delle Leggi di bilancio?

Non può esserci perché il Next Generation Eu presuppone una politica di investimento che è già stata tracciata e cui i piani nazionali dovranno rispondere per essere approvati dalla Commissione. L’Italia farà bene a guardare al Sud, implementando gli interventi del Fondo europeo di sviluppo regionale, e alle politiche green.

(Lorenzo Torrisi)