Entro il 27 settembre il Governo dovrà approvare ed inviare alle Camere per discussione e valutazione la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (in gergo giornalistico, Nadef), documento che costituisce la cornice per la preparazione del disegno di legge di bilancio da presentare poche settimane dopo. Questa Nadef è particolarmente importante per due ordini di ragioni: a) è il primo documento organico e complessivo del Governo Conte bis, espresso da un quadripartito (M5s, Pd, Leu e ora Italia Viva) che, pur mantenendo lo stesso Presidente del Consiglio e numerosi Ministri del precedente Esecutivo, si vuole differenziare dal Governo bipartito (M5S-Lega) che lo ha preceduto; b) intende essere un documento “europeista”, a differenza del Def (prodotto in primavera dal Governo M5S-Lega) che aveva toni “euroscettici” e conteneva alcune sfide all’Unione europea. Potrebbe essere la cartina di tornasole per toccare con mano lo stato della coesione nell’ambito di un quadripartito in cui su alcuni temi (ad esempio, politica per la giustizia, legge elettorale) si percepiscono tensioni. È facile profetizzare che, se ci saranno tensioni forti in materia di politica economica, la durata del Governo appena insediatosi non potrà essere lunga.
Nel 2018, l’attenzione sulla Nadef è stata concentrata sul quadro macroeconomico. Per fare quadrare i conti della finanza pubblica e far varare i provvedimenti di bandiera del bipartito (“quota 100” e “reddito di cittadinanza”) si prevedeva un tasso di crescita (1,5% nel 2019) marcatamente più rapido di quanto stimato dai maggiori istituti di ricerca internazionali, dall’Ocse, dal Fondo monetario e dalla Commissione europea. Si ricorderà che nel dicembre 2018, il ministro dell’Economia e delle Finanze dell’epoca dovette fare una clamorosa marcia indietro e riscrivere, in pratica, la Legge di bilancio sotto dettatura dei funzionari della Commissione europea.
Quest’anno non sarà così. In primo luogo, il nuovo Governo è stato, in un certo qual modo, “benedetto” dalle istituzioni europee, con le quali il ministro dell’Economia e delle Finanze in carica, Roberto Gualtieri, ha grande dimestichezza, anche a ragione del suo ruolo nel Parlamento europeo; quindi, è probabile che le previsioni macroeconomiche saranno allineate a quelle del “consenso” internazionale. In secondo luogo, il nuovo Governo vorrà dare una propria impronta a un documento che rappresenta il suo “biglietto da visita” in materia di politica economica.
Esaminiamo questi due punti. Le previsioni internazionali indicano, per l’Italia del 2020, un tasso di crescita tra lo 0,4% e lo 0,6%, tranne che non si scivoli in recessione. Gli ultimi dati Istat su produzione industriale, export e occupazione non sono incoraggianti. Quindi, il “sentiero stretto” di cui parlava Pier Carlo Padoan quando era il titolare del ministero dell’Economia e delle Finanze, è diventato “strettissimo”. Ne è certamente consapevole Gualtieri, il quale – come sottolineato su questa testata – alla prima riunione dei Ministri economici e finanziari dell’Ue cui ha partecipato ha fatto comprendere che chiederà una “flessibilità triennale” per avviare un processo di crescita basato in gran misura su investimenti con una forte connotazione ambientale. Occorrerà vedere come resisterà alla richieste di aumenti di spesa di parte corrente da parte di numerosi suoi colleghi: uno dei quali ha già minacciato le dimissioni ove le sue proposte non vengano accolte in toto.
C’è una sezione sia del Def che della Nadef normalmente trascurata dai commentatori, e anche dai parlamentari: il Piano nazionale di riforma (Pnr) accompagna il Def e, soprattutto se il Parlamento esprime una differente maggioranza di Governo, dovrebbe essere aggiornato nella Nadef. Il Pnr è un documento programmatico che riassume l’intera strategia di politica economica che il Governo intende realizzare nel prossimo triennio, sulla base del nuovo quadro previsionale contenuto nella Nadef e dell’aggiornamento del Programma di stabilità. Il Pnr riassume le riforme strutturali che l’Esecutivo intende realizzare. L’aggiornamento del Pnr dovrà, ad esempio, chiarire se le riforme della scuola del “Governo della svolta” riguardano solo la stabilizzazione dei precari, un’imbiancata agli edifici scolastici, la creazione di nuovi nidi e la loro gratuità o, se invece, si tratta di un riassetto strutturale per puntare sulle competenze del futuro in matematica, scienze, tecniche e lingue.
Sempre ad esempio, dovrà esplicitare cosa si intende per riforma della giustizia: se andare verso un diritto pubblico dell’economia (come quelli che vigevano in età giolittiana o negli anni del “miracolo economico”) o mantenere un sistema che – come da anni ripete la Banca mondiale – fa scappare le nostre imprese all’estero e scoraggia quelle straniere a venire in Italia. Ancora, dovrà specificare se il reddito di cittadinanza resterà tale e quale o verrà sottoposto a seria valutazione e integrato con altri ammortizzatori sociali e/o misure di politica attiva del lavoro. In aggiunta, dovrà dettagliare gli investimenti pubblici che verranno effettivamente avviati e come verranno scelti (ossia con quali parametri di valutazione e quali criteri di selezione) gli investimenti “verdi”.
L’elenco potrebbe essere lungo. Ma si comprende la forte connotazione politica del Pnr della Nadef. Se sarà una mera compilazione burocratica, il Governo avrà perso la sua prima occasione.