Dopo qualche mese di attesa, la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di mezzo punto. Una manovra non scontata dato che ancora la scorsa settimana, dopo la diffusione del dato sull’inflazione di agosto, la maggioranza degli analisti riteneva più probabile una riduzione di un quarto di punto. Come spiega Domenico Lombardi, professore di politiche economiche e governance dell’Eurozona alla Luiss, di cui dirige il Policy Observatory, «al taglio di mezzo punto ha contribuito la progressiva stabilizzazione del quadro inflativo, un progressivo raffreddamento nel mercato del lavoro e il timore che la postura eccessivamente restrittiva della politica monetaria potesse alimentare una dinamica recessiva. Solo un anno fa, l’inflazione era di circa il 3,2% mentre i dati più recenti ne confermano la discesa al 2,5%. Secondo alcune misure, potrebbe essere anche più bassa, vicino al target della Fed pari al 2%. Anche la componente core indica un analogo miglioramento attentandosi al 2,7%, secondo gli ultimi dati disponibili».



Già all’inizio di agosto si erano registrate fibrillazioni sui mercati, legate all’andamento del mercato del lavoro. Cosa dicono gli ultimi dati in merito?

La dinamica del mercato del lavoro è seguita attentamente dalla Fed e dai mercati. Gli ultimi dati indicano un sostanziale ridimensionamento nel numero di nuovi posti di lavoro creati ogni mese, pari a poco meno di 100.000 unità contro le 300.000, finanche le 500.000, che si registravano da quando la Fed ha inasprito la politica monetaria. Rispetto alle persone in cerca di lavoro, il numero di posti vacanti si è dimezzato rispetto a marzo 2022, quando la Fed ha avviato il più veloce ciclo di rialzo dei tassi nella storia recente. Nel complesso, il mercato del lavoro tiene, ma ha perso lo slancio del periodo immediatamente post-Covid: il tasso di disoccupazione, per esempio, si mantiene al 4,2%, un valore storicamente basso ma comunque in rialzo rispetto al 3,7% di gennaio. Alla Fed tutto questo non è sfuggito ed è intervenuta temendo che la situazione potesse scappare di mano.



Quanto può aver influito sulla decisione presa il fatto che si tratta dell’ultima riunione del Federal open market committee (Fomc) prima delle elezioni presidenziali del 5 novembre?

L’entità del taglio ha già creato un sentimento di ottimismo sui mercati e certamente segnala una postura aggressiva della Fed anche nella gestione dei tagli ai tassi di intervento – una Fed determinata a consolidare le prospettive di un soft landing, peraltro sinora ampiamente raggiunto. Certo, il primo taglio – peraltro consistente – avvenuto nel mezzo della campagna elettorale è destinato ad alimentare polemiche. Non è un caso che l’unico Governatore sui 12 componenti del Fmoc che abbia espresso dissenso è Michelle Bowman, nominata dall’allora Presidente Trump nel 2018. Il suo dissenso è legato all’entità del taglio, preferendo una diminuzione più contenuta di un quarto di punto. Dal Partito Democratico subito hanno risposto che la Fed, invece, avrebbe dovuto tagliare di tre quarti di punto…



Cosa dobbiamo aspettarci dalle prossime riunioni del Fmoc riguardo le scelte sui tassi?

Le aspettative di mercato estratte dai corsi obbligazionari indicano la convergenza dell’inflazione su un livello sotto il target di medio periodo della Fed entro il prossimo anno. Con l’inflazione calante, tuttavia, il grado di inasprimento monetario rimane ancora elevato, giustificando tagli futuri per oltre il punto percentuale. Probabilmente la Fed adeguerà i tassi di intervento progressivamente, con piccoli tagli nel corso delle prossime riunioni così da tararli chirurgicamente in base all’evoluzione del quadro congiunturale e sino a raggiungere il tasso reale di equilibrio, che rappresenta il livello compatibile con i tassi di disoccupazione e di inflazione di lungo periodo.

Dopo la decisione della Fed cosa può cambiare per la Bce, il cui Consiglio direttivo si riunirà il 17 ottobre?

Con la decisione della Fed si sono rafforzate le condizioni perché la Bce prosegua nell’allentamento monetario senza ulteriori indugi. Paradossalmente, uno dei motivi, ma non il principale, che ha spinto il Fomc a un primo taglio aggressivo è stato anche il deterioramento delle condizioni congiunturali dell’Eurozona.

Quale quadro si delinea per l’Italia, che deve approvare in via definitiva il Piano strutturale di bilancio e successivamente la Legge di bilancio?

La decisione della Fed rappresenta un elemento favorevole per l’Italia attraverso il condizionamento nelle future scelte della Bce. Tuttavia, la postura del Governo deve rimanere improntata alla prudenza fiscale alla luce dei vincoli macroeconomici della nostra economia e delle incertezze che gravano sull’economia mondiale.

(Lorenzo Torrisi)

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