Di fronte alla situazione descritta nel precedente articolo, un’opposizione seria riempirebbe le piazze della Capitale e paralizzerebbe le istituzioni fino a elezioni democratiche che obblighino però tutti i partiti alla raccolta delle firme per la presentazione delle liste, in modo che i firmatari si assumano la responsabilità dei soggetti che mandano al governo.
Quest’ultima mia estremizzazione è dovuta alla gravità della situazione, appesantita ulteriormente proprio dai risultati ottenuti dai negoziati in ambito europeo. Si poteva agire diversamente, atteso che lo scorso mese di maggio avevo indicato la strada da seguire. Purtroppo in quel periodo, il “monarca assoluto”, autoproclamatosi tale attraverso la “ragion di stato” della crisi sanitaria, si arrogava l’accentramento dei poteri anche di tipo straordinario e giocava con i sudditi come se fossero soldatini e non aveva tempo di dare ascolto a chi, gratuitamente, con una soluzione geniale avrebbe dato lustro all’economia italiana facendole recuperare tutti i danni dovuti alla gestione della pandemia (recentemente, sapendo di essere in torto, si è permesso anche il lusso di secretare gli atti avallato dal Consiglio di Stato che ha cancellato la decisione del Tar del Lazio di pubblicare e rendere spiegazioni alla popolazione che ha il diritto di sapere).
La semplice riclassificazione di alcune pedine economiche avrebbe consentito all’Italia di disporre di capitali di dimensioni inusitate, capaci di fare qualunque tipo di intervento, grazie alle somme destinate agli investimenti, che avrebbero sopperito, per l’avvenire, a ogni esigenza di bilancio. È così rivoluzionaria una soluzione semplice che ancora oggi appare incredibile. Purtroppo oggi nessuno più crede ai miracoli dei numeri (non si sanno o non si vogliono leggere?).
Ho spiegato e dimostrato, utilizzando i dati del 2018 (perché definitivi) che se i risparmiatori fossero spinti a convogliare i propri risparmi, per un ammontare pari a 12 volte (coefficiente costituito dal rapporto tra debito pubblico oneroso maggiorato dell’importo desiderato di investimenti produttivi e ammontare totale delle imposte dirette incassate dallo Stato) le imposte dirette che sono stati costretti a pagare, sull’acquisto di Btp con la solenne promessa di essere per sempre esentati dal pagamento delle predette imposte dirette – ovviamente tale facoltà viene concessa anche a coloro che, non possedendo risparmi, attraverso l’indebitamento con banche convenzionate potrebbero farlo perché le operazioni sarebbero totalmente garantite dai titoli emessi dal Tesoro per pari importo e rendimento – le entrate fiscali totali aumenterebbero e le maggiori disponibilità nelle tasche dei cittadini darebbero una spinta ai consumi. L’effetto è immediato, senza necessità di aspettare i bandi di emissione del debito pubblico europeo e tantomeno subire la necessità di predisporre i piani di intervento da sottoporre all’approvazione di organismi europei di controllo.
Ho trovato più di un San Tommaso che ha voluto toccare con mano. Uno solo mi ha incontrato e gli ho dedicato mezza giornata; non ha potuto obiettare nulla di concreto, tranne una generica preoccupazione al significativo ammontare di denaro in movimento. Eppure dal nulla la Bce ha regalato miliardi di euro ai Paesi no-Piigs (termine ora sostituito da “frugali” (ma che di fatto non lo sono, visto che frugale significa sobrio); Piigs dalle iniziali degli Stati definiti maiali, perché spendaccioni (di nomina, non nei fatti)), ricompensandoli più che ampiamente con gli esborsi ai quali erano sottoposti i Piigs. Ovviamente gli utili differenziali sono sempre andati ai Paesi frugali e su questo, invece, non ha avuto nulla da eccepire. Forse la paura di lottare contro i Golia? Eppure non c’è nessuna lotta, c’è solo da adottare le misure che servono. Ma maggioranza e opposizione non la pensano così e il risultato è lapalissiano: continuiamo a precipitare.
Il Governo continua a promettere aiuti: reddito di emergenza, bonus vacanze, contributi all’acquisto di mezzi di locomozione individuali, interventi di cassa integrazione, sospensione dei licenziamenti… fa il “tappabuchi”, come gli addetti al servizio stradale della Capitale… Si rinviano le spese perché poi l’esborso si potrà fare solo con fondi presi a prestito o con i contributi a fondo perduto, due modi per dire la stessa cosa: soldi da rendere a caro prezzo. Per intanto è stato pagato il pizzo del subentro alla decontribuzione dei Paesi frugali (che, cioè, in una nuova accezione del termine, frugano nelle tasche altrui sapendo di trovare ancora qualcosa – mors tua, vita mea), ma poi come faremo a sopportare il peso della restituzione di prestiti contratti per erogare contributi di sopravvivenza?
Continuo a richiamare al buon senso: non c’è soluzione migliore a quella da me proposta.
(2- fine)