Siamo arrivati al 3 giugno, una data importante che segnerà la fine del blocco degli spostamenti interregionali. Il premier Conte, secondo alcune indiscrezioni, dovrebbe lanciare oggi un forte messaggio al Paese anche sul fronte economico. Ieri, intanto, il presidente Mattarella ha richiamato ancora all’impegno e alla coesione sociale. “Questo è tempo di un impegno che non lascia spazio a polemiche e distinzioni. Tutti siamo chiamati a lavorare per il nostro Paese, facendo appieno il nostro dovere, ognuno per la sua parte”, ha detto il capo dello Stato a Codogno, mentre nel messaggio ai prefetti per la Festa della Repubblica ha evidenziato come “l’eccezionalità della situazione ha determinato difficoltà mai sperimentate nella storia della Repubblica, ponendo a tutti i livelli di governo una continua domanda di unità, responsabilità e coesione”. Occorre però fare attenzione a un malessere sociale diffuso, legato soprattutto alle difficoltà economiche, come ci ricorda Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.



Professore, nei giorni scorsi abbiamo visto poca coesione anche da parte delle istituzioni stesse, viste le polemiche tra le regioni.

Soprattutto sulla stampa favorevole al Governo c’è stata la tendenza a sottolineare la scarsa unione tra le regioni, ma a me non sembra un fatto negativo: un sistema in cui le regioni si confrontano è il sale della democrazia. Semmai c’è un problema relativo all’idea dirigista e autoritaria della democrazia, che non è quindi democrazia, mostrata dal Governo, che è poi ciò che genera un dissenso sociale di base, come stiamo vedendo dalle manifestazioni di piazza di questi giorni.



È un dissenso che ha anche cause economiche?

Sì, perché non solo non si ascolta la voce del Paese, ma si fanno delle promesse, e delle affermazioni, anche nei talk show, che vengono disattese. Inoltre, non si dà avvio a una serie di attività economiche, investimenti grandi e piccoli, che sono bloccati non dal coronavirus, ma dalla burocrazia. Il paradosso del Ponte Morandi è lì a dirci che è stato fatto un miracolo nella ricostruzione di un viadotto, ma che è rimasto fermo quel che c’è intorno, come la Gronda e il Terzo valico. Questo è un esempio di ciò che il Governo non fa, oltre a non affrontare le crisi aziendali del Mezzogiorno.



Ascoltando le parole di Ignazio Visco e Carlo Bonomi dei giorni scorsi è come se il Governo avesse ricevuto degli atti di sfiducia molto forti proprio per la risposta economica data alla crisi. Cosa ne pensa?

Guardi, questo è il punto decisivo e secondo me c’è una responsabilità anche del presidente Mattarella. Bisogna fare quello che dice Bonomi, anche il riscorso immediato al Mes sanitario. Avremmo dovuto seguire le indicazioni contenute nel “Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale” aggiornato nel 2016 dopo il caso Sars del 2003, seguendo le indicazioni dell’Oms, ma, come ha denunciato il senatore De Falco, ciò non è stato fatto nelle fasi più cruciali di prevenzione e sorveglianza. Non so se questo può precluderci l’accesso a parte dei fondi, ma occorre fare in modo di poterne avere il più possibile.

Professore, lei stesso però nelle scorse settimane aveva evidenziato che ancora non è chiaro se accedere al Mes sanitario faccia scattare o meno quelle condizionalità così tanto contestate…

Se non prendiamo questi soldi come faremo? Dal Recovery Fund non arriverà nulla prima dell’anno prossimo. Nel frattempo abbiamo un buco contabile da affrontare. Siamo in emergenza e il Mes sanitario rappresenta la fonte di fondi più facilmente e rapidamente raggiungibile. Si tratta di risorse da restituire, ma con un tasso di interesse dello 0,1% e in dieci anni. Il che vuol dire che, tenendo conto dell’inflazione, potremmo arrivare a sostanziali tassi negativi. Serviranno poi altre risorse che possiamo raccogliere cercando di mobilitare, e non punire con tasse, il risparmio degli italiani. Occorrerà anche il contributo dell’iniziativa economica privata, con investimenti che possono attivare fondi europei e prestiti agevolati della Bei.

Non la preoccupa quindi il rischio di finire in qualche modo commissariati accedendo al Mes sanitario?

Guardi, se andiamo avanti così, ci commissariano di sicuro. Anche perché se l’Italia diventa insolvente c’è il rischio che si sfaldi l’euro. Per essere chiari, comunque, è meglio essere commissariati dall’Ue che dai 5 Stelle. Siamo in una situazione gravissima, con imprese che chiudono. Adesso ci sono ancora soldi da distribuire, ma fra poco le casse si svuoteranno. Come pagherà l’Inps sia le pensioni che la cassa integrazione a chi ne ha diritto? Io non credo che si possa andare oltre l’estate, questo Governo crollerà per forza in autunno: o lo fa cadere Mattarella o ci penserà l’esplosione delle proteste di piazza.

A proposito di Mattarella, prima ha parlato di una sua responsabilità riguardo l’attuale situazione. Perché?

Perché se questo Governo è privo di consenso sociale lui deve rendersene pur conto, non può continuare a fare discorsi sulla coesione e non dire all’esecutivo di fare quello che è essenziale per il bilancio pubblico. Se il capo dello Stato chiedesse di sbloccare immediatamente i cantieri, di ascoltare le richieste di Confindustria e delle imprese, oltre a fare una cosa importantissima difficilmente verrebbe ignorato. Il problema è che molte di queste cose non vengano fatte non perché il Governo non le voglia fare, ma perché una parte è a favore e un’altra contro. Il Movimento 5 Stelle, partito di maggioranza relativa, non controlla nessuna regione e nei sondaggi è in picchiata, eppure blocca tutto. Abbiamo un Governo che non rappresenta la maggioranza reale del Paese.

Se il Governo cadrà in autunno, ci sarà un nuovo esecutivo di unità nazionale o si tornerà al voto?

Il discorso di Visco di venerdì scorso mi fa sembrare chiaro che lo sbocco naturale sarebbe un Governo guidato da una personalità come Draghi, in grado di unire destra e sinistra, di mettere insieme le forze operose, anche a livello regionale. Anche perché se non usiamo queste energie regionali, che sono il Paese reale, non c’è possibilità di ripartire. Al momento c’è un grande caos, anche per via delle opinioni contrastanti dei virologi che non aiutano certo l’immagine del Paese all’estero. Servono anche regole certe e sensate per il turismo alberghiero, altrimenti non ripartirà mai. Solo in un secondo momento si potrà pensare al ritorno alle urne.

Il Copasir ha espresso preoccupazione per le operazioni che potrebbero portare il controllo di primari istituti bancari e assicurativi fuori dai confini nazionali, chiaro riferimento a quanto sta avvenendo intorno a Mediobanca e Generali. C’è secondo lei il rischio che in questo momento di debolezza economica asset importanti del Paese finiscano in mano straniere?

Mi sembra evidente che andando avanti così o ci mangia la Cina o ci mangia la Francia. Ed entrambi i casi sono negativi. Se avessimo un investimento americano in una banca questo sarebbe un vantaggio, perché arriverebbero dei dollari in Italia, ma se invece diamo le chiavi di Mediobanca e Generali alla finanza francese è concreto il rischio che i risparmi italiani vadano a finanziare le attività dei nostri cugini d’Oltralpe. Vedo però una tale incapacità di coesione che qualcosa salterà prima che lo scenario peggiore si concretizzi.

(Lorenzo Torrisi)

Leggi anche

VACCINI COVID/ Dalla Corte alle Corti: la neutralità che manca e le partite aperteINCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.INCHIESTA COVID BERGAMO/ Quella strana "giustizia" che ha bisogno degli untori