La “grande” Germania sta affrontando una grande crisi. Crisi economica, accentuata dalla crisi politica. Una crisi economica strutturale, poiché è in crisi l’intero modello economico e finanziario sul quale la Germania ha fondato la propria apparente fortuna di un decennio (2005-2015), tutta fondata su una fortissima esportazione.
Un modello critico poiché se le esportazioni sono tanto forti e pesano così tanto in un’economia, questa dipende essenzialmente dall’estero, da Paesi esteri, che possono andare in crisi e smettere di essere compratori. Dipendere tanto dall’estero vuol dire dipendere da un fattore che chi dirige l’economia non può controllare.
E così, dopo la pandemia e dopo le sanzioni alla Russia, che hanno reso enormemente costosa l’energia e quindi tutta la produzione di beni materiali, l’economia tedesca è andata in panne. A questo si è aggiunta la scelta scellerata di chiudere le proprie centrali nucleari, oltre ad altre scelte scellerate (di stampo europeo, che la Germania come altri Paesi ha assecondato) come quella delle auto elettriche, che sta affondando un intero settore di grande peso come quello dell’automobile.
L’ultimo dato, il più recente, riguarda l’indice PMI del settore edile, un indice che si basa sulle interviste fatte ai dirigenti, in questo caso del settore edile, un settore cruciale di ogni economica per il peso enorme dell’indotto. Ebbene, il dato in Germania per il mese di novembre è pari a 38,0 quando un valore di stabilità è pari a 50 e sopra quel valore indica una crescita economica. Il valore di 38 è veramente basso e indica una recessione nel prossimo futuro (si tratta di interviste fatte a dirigenti e quindi riguarda lo sviluppo dei prossimi mesi di quel settore).
Se la Germania piange, la Francia non ride. Anche lì la crisi economica va a braccetto con quella politica, poiché dopo le ultime elezioni il Governo francese non riesce a dare stabilità al Presidente Macron e alla sua azione politica. Con un debito sempre più alto e un’economia in panne, il peso del debito, cioè degli interessi per mantenerlo, si fa sempre più pesante. Del resto, per tanti anni la Francia ha avuto deficit annuali pesanti, che non hanno portato però a un adeguato sviluppo. E la crisi economica tedesca si riflette inevitabilmente anche in Francia.
Tutto questo ha portato al recente declassamento del debito francese e quindi a una crescita dei tassi sui titoli di stato.
A tutto questo, per i Paesi europei si aggiunge il fardello dei miliardi sprecati a sostegno della guerra in Ucraina. Ormai l’andamento della guerra in Ucraina assomiglia a quello dell’Europa: un grande sogno (per l’Ucraina quello di battere militarmente la Russia, per l’Europa quello di prosperità economica con una moneta unica) che poi si scontra con la realtà dei fatti.
Qui non è solo in gioco l’economia europea, qui è in gioco la sopravvivenza stessa delle istituzioni europee, le quali si comportano come quelli che sul Titanic si preoccupavano della serata danzante, mentre l’iceberg aveva già creato la falla.
Sarà bene che i Paesi europei, a cominciare dall’Italia, si occupino in prima persona delle relazioni e dei rapporti economici internazionali, senza delegare tutto alle istituzioni europee, privilegiando gli interessi dei propri popoli. Altrimenti si va tutti insieme, ma nel baratro.
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