Il 2020 non inizia certo in discesa per l’economia italiana, visti anche i dossier di non facile soluzione ancora sul tavolo del Governo, dall’ex Ilva ad Alitalia. Per Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, il nostro Paese si trova in un pantano e il rischio economico maggiore che corriamo quest’anno è «morire di inedia».
Perché parla di pantano pensando alla situazione economica italiana?
Non credo che avremo una forte inflazione e nemmeno una deflazione: avremo una sorta di stagnazione, in cui non si risolve nulla. Gli investimenti pubblici non si sa se vengono fatti o no. Non si capisce se ci sarà la revoca delle concessioni autostradali, né se si chiuderà o meno un altoforno dell’ex Ilva. Non è chiaro cosa succederà ad Alitalia. Diciamo che siamo in una specie di palude indecisionale.
Potremmo dover fare i conti con l’Europa…
È vero che abbiamo un elevato debito pubblico, un’enorme spesa pubblica, una regolamentazione per certi versi insensata e pasticciata dell’economia e del diritto, però è anche vero che l’Ue a sua volta è in una fase diciamo così di “ristrutturazione” e riflessione. Se anche la Commissione ci chiederà una correzione sul deficit bisognerà capire con quali tempistiche e modalità lo farà. Non credo che si possa arrivare a un confronto esplosivo tra Roma e Bruxelles. Nel frattempo è da escludere che il nostro debito pubblico possa entrare in una vera crisi, come quella della Grecia o dell’Argentina.
Quanto la situazione economica che ha descritto dipende dal quadro politico italiano?
Molto. Il frazionamento che si sta verificando nella maggioranza, infatti, è tale che i poteri decisionali si sono come dire spappolati. Vediamo il caos interno ai 5 Stelle, le divisioni che ci sono state nel Pd, l’emergere di gruppi che non hanno un’ideologia, ma dei quasi-programmi. Una volta si usavano dei termini che avevano un significato (come socialismo liberale, socialdemocrazia), che facevano trasparire un contenuto. Ma oggi? Il partito di Renzi è di sinistra e mira al centro? E i movimenti di Carfagna e Toti quale obiettivo hanno? Oltre al frazionamento c’è il trasformismo e in queste condizioni politiche è difficile immaginare che ci sia un processo di decisione che aiuti l’economia, perché si è frammentato tutto.
Si può invertire in qualche modo la rotta?
L’alternativa sarà molto cauta. Per usare un’immagina figurata, in questa palude, ammesso che arrivi, un soggetto nuovo si muoverà lentamente come un pescatore di anguille. Anche se Salvini e il centrodestra riusciranno ad avere la maggioranza, magari con dei transfughi dei 5 Stelle, dovranno portare avanti un cambiamento lento. Non vedo cioè possibile una situazione come quella che ha visto Monti fare importanti modifiche, anche costituzionali, in poco tempo. Ci potranno quindi essere cambiamenti minimi, per esempio una riduzione del reddito di cittadinanza, un passo verso la devoluzione fiscale, qualche protesta in sede europea, ma non vedo cambiamenti enormi.
Per uscire dal pantano ci vorrà quindi tempo.
Uscire dal pantano non è facile. Non ci saranno “rivoluzioni” o stravolgimenti come in altri Paesi. Sarà un processo lento e graduale.
(Lorenzo Torrisi)