La Commissione europea ha formalizzato il progetto di investire, con formule miste pubblico-privato, 1.000 miliardi in un decennio – rinnovandolo per i successivi due – con lo scopo di raggiungere entro il 2050 una configurazione che azzeri le emissioni serra delle attività antropiche (Carbon Neutrality) considerate la causa principale di un aumento delle temperature nel pianeta tale da provocare impatti catastrofici.



Da un lato, tale decisione è positiva perché sia alloca un’enorme massa di denaro per investimenti in una fase economica dove sono scarsi, sia spinge verso una modernizzazione complessiva del sistema europeo trainata da nuove tecnologie. Dall’altro, analizzando i documenti preliminari si trova che l’attenzione principale è sulla decarbonizzazione, cioè l’eliminazione del ciclo dei carburanti fossili, mentre al riguardo degli investimenti di ecoadattamento è poca. Ciò lascia perplessi perché qualora l’aumento delle temperature continuasse – e non lo si può escludere perché il resto del mondo non ha piani così massivi di decarbonizzazione e, inoltre, c’è anche un contributo di dinamica planetaria ciclica al fenomeno – aumentando gli eventi atmosferici estremi (siccità, bombe d’acqua, uragani, ondate di calore intervallate da episodi glaciali, ecc.) i megainvestimenti avrebbero sì reso l’Ue pulitissima, ma lasciandola vulnerabile a disastri.



In particolare l’Italia che più di altri è esposta a siccità nell’area meridionale, alluvioni e frane nell’area alpina, nonché a ondate di calore e impatti dell’innalzamento del mare, il tutto già inizialmente visibile. Le servirebbero infatti investimenti per costruire nuove infrastrutture, per creare in ogni habitat una climatizzazione adeguata a caldo e freddo estremi, utilizzando l’ecoadattemento anche per ridurre la vulnerabilità ancora irrisolta a sismi e fenomeni idrogeologici, per proteggere l’agricoltura, ecc. Ciò sta diventando molto rilevante per l’economia: le agenzie di valutazione del rischio finanziario (rating) stanno creando nuove mappe che includono i possibili eco-impatti e il territorio italiano non è ben messo.



Pertanto è urgente che il Governo italiano intervenga sugli standard del megaprogetto europeo per inserirvi più e meglio quelli di ecoadattamento. C’è ancora tempo per farlo. Entro la fine del 2020 l’Ue definirà con più precisione gli standard di decarbonizzazione ed entro il 2021 altri. Ma la politica dovrebbe passare dall’ecoretorica all’ecorealismo.

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