La mia spesa è il vostro reddito! [1]. Suvvia, non è difficile! Lo sa anche la Maria, l’economa che sta nelle case di tutti per prendersi cura. Sa che se spende oggi, domani il marito potrà riportare ancora soldi a casa. Sì, insomma, l’icastico Lord Keynes lo pensa e, il 4 gennaio del ’33, lo dice; la massaia, l’esercizio invece lo pratica. Nel pensiero dell’economista sta pure un dubbio: lo nomina “paradosso della parsimonia”. Funziona pressappoco così: Marco ha più di quanto spende, lo mette da parte; se lo fanno tutti i Marchi finirà che al mercato resterà merce invenduta. Quella minor spesa fatta, ridurrà il reddito disponibile di tutti, pure il suo; per compensare l’ammanco dovrà attingere a quel gruzzolo risparmiato. Bella no?



Ci son poi quelli che non sono Marco; per non mancare alla spesa son costretti ad attingere al credito, seppur traballante, dei Marchi che, non restituito, poi diverrà debito. Maria, ascolta e ammicca. Sa pure che nel mondo ci stanno marie e marie; la Maria che ha più di quanto spende e quella, all’opposto, che ha meno per farlo. Massì, un paradosso tira l’altro; quello della “propensione al consumo” che mette in scena la disposizione degli individui all’acquisto.



Anche questa volta il nostro benamato Sir scorge come la disponibilità di reddito risulti inversa alla propensione alla spesa. Le Marie, invece, la vivono; sanno che la propensione al consumo scende in presenza di un reddito elevato, sale in presenza di un basso reddito; collassa di fronte a redditi insufficienti e risparmi inesistenti.

Dunque, chi ha molto e non spende tutto per acquistare, sottrae risorse di denaro alla spesa per fare la crescita; chi ha poco spende tutto; chi non ha non spende niente. Quelli benestanti si mostrano resistenti all’acquisto; quelli in mezzo fanno quel che possono; quelli “insufficienti”… niente.



Propensioni alla spesa così disallineate riducono la capacità d’acquisto, fanno aumentare un’offerta già in eccesso; sollecitano altro debito. Con il debito costretto qui, necessario lì, s’impone un terzo paradosso che tento invano di far ratificare; mette in scena un ossimoro: generare ricchezza con il debito!

Venne reso istituto nel ferragosto del ’71 a Camp David, da lì dilaga; nel 2007 deflagra con il debito di 250 trilioni di dollari, circa tre volte il Pil globale. Oggi, ficcati nella pandemia, toccherà ancor più ballare con un debito che ancor più sale e una ricchezza che ancor più scende.

Ecco, appunto, quest’ultimo paradosso forse Keynes non avrebbe potuto metterlo nel conto; credete saranno disposti a farlo i keynesiani di oggi? Beh, qualcuno intanto favoleggia di “giubileo del debito”. Qualcuno appunto che, con marchingegni politico/finanziari, tenta di rimuovere gli effetti del debito lasciando intatte le cause che lo generano: quelle esposte nei paradossi di Keynes e che Maria maledice! Un giubileo, insomma, che faccia sparire il corpo del reato per poter ricominciare di nuovo a “reatoare”.

[1] Da una conversazione radiofonica tra Keynes e Sir Josiah Stamp sulla stupidità dei governi nazionali nell’imporre sacrifici. Il dialogo fu trasmesso dalla BBC il 4 gennaio 1933.