Ieri la borsa italiana dopo essere arrivata a guadagnare oltre il 2% ha chiuso poco più che invariata; anche i Btp hanno chiuso la giornata con pochi guadagni. Era il grande giorno in cui si poteva festeggiare l’accordo europeo e la reazione non è stata eccezionale. Certamente c’è un po’ di “sell on news”, ma da oggi si cominceranno a fare i conti veri; il tempo degli annunci è finito. I fondi che ottiene l’Italia, a “fondo perduto”, consentiranno uno stimolo molto limitato rispetto alla devastazione dell’economia privata; il “netto” tra i “grants” e i contributi pagati dall’Italia non arriva a 30 miliardi di euro. Dopo questi bisognerà chiedere i prestiti e comunque accettare condizioni.



Significa che è arrivato il momento delle scelte e che la strategia di “prendere tempo” che finora ha funzionato alla grande, almeno mediaticamente, ha le settimane contate. A settembre, se non prima, quando ci sveglieremo dai narcotici dell’estate e delle cifre sparate dalla stampa bisognerà “fare i conti”. Occorre rinnovare la cassa integrazione, si deve rispondere alle esigenze immediatissime di centinaia di migliaia di italiani senza lavoro, bisogna presentare all’Europa piani di rientro “responsabili”. Bisogna spiegare a distretti una volta floridi cosa costi l’appartenenza all’Europa e al suo sogno faustiano verde che si esemplifica nella “plastic tax”; una follia che in nessun altro posto al mondo nessuno si sognerebbe di fare, soprattutto in questa fase. Bisognerà spiegare al distretto del packaging che le imprese sono fuori mercato.



Le “condizionalità” ci sono eccome, perché “i piani di recupero saranno esaminati entro due mesi dalla presentazione in commissione. I criteri di coerenza con le raccomandazioni con i singoli Paesi… avranno bisogno del più alto livello di esame”. Diteci che queste condizionalità ci fanno bene, ma non diteci che non ci sono. Soprattutto non diteci che in questo modo non si possono creare e distruggere governi liberamente eletti. Ci stai antipatico? Non siamo d’accordo con le tue politiche sull’immigrazione o sulla Libia o sulla politica estera o energetica? Vediamo come te la cavi all’esame europeo… Ieri è stato istituzionalizzato il vincolo esterno ottenendo esattamente quello che si sarebbe ottenuto con il Mes su cui a questo punto il Governo potrebbe anche cadere. Ormai è inutile; l’abbiamo già ottenuto nei suoi effetti con l’accordo di ieri.



Siccome non si può fare tutto bisogna decidere chi paga il conto della crisi e come. Le ipotesi sul campo da ieri sono quelle che c’erano venerdì: patrimoniale, più o meno mascherata, riforma delle pensioni, aumento dell’Ova, tagli alla sanità, ai sussidi e alle detrazioni. Mettere le mani nella macchina dell’amministrazione pubblica, delle regioni, dell’amministrazione della giustizia, dei comuni, della scuola che ha surplus di docenti in alcune regioni e terribili deficit in altre è un mestiere difficilissimo. Ci vogliono anni e bisogna rompere tradizioni consolidate che si sono confermate sia dopo la crisi del 2008 che dopo quella del 2011. Oltretutto oggi tutto è aggravato da uno smart working diffuso che apre enormi spazi potenziali di “inefficienza”, soprattutto negli enti che storicamente si sono dimostrati meno bravi a controllare e spendere.

In alternativa bisogna fare tagli brutali che però hanno il difetto di “fare male” e di scaricarsi in modo completamente asimmetrico su una popolazione divisa, mai come prima, tra garantiti e disperati, tra tutelati e dimenticati, tra retribuiti e falliti. Gli ultimi costretti a pagare le tasse con meccanismi, si pensi allo split payement, che hanno come unico esito la distruzione di interi settori, per esempio quello delle costruzioni, per un recupero dell’evasione ridicolo.

Ieri l’Italia ha finalmente raggiunto l’agognato vincolo esterno; quello che ci farà rigare dritto. Un vincolo esterno nelle mani dei nostri “amici” tedeschi e francesi che lo useranno, come potete facilmente immaginare, per il nostro bene anche e soprattutto quando un Governo serio proverà a cambiare i rapporti di forza. Il Governo ha firmato la resa incondizionata. Sospettiamo che ci accorgeremo dei costi molto, molto presto. Chissà se chi finora ha vissuto di annunci e di buona stampa sarà in grado di gestire, da subito, la “grecizzazione” dell’Italia…Tra l’altro scegliendo di non “scegliere” e scaricando il costo di questa operazione sui non garantiti.

Facciamo umilmente presente che l’Italia ha tenuto botta dopo il 2008 e il 2011 grazie a turismo, globalizzazione ed esportazioni. Tre condizioni che oggi sono improponibili nel breve e soprattutto nel medio termine.