A Rimini, nel tradizionale “Meeting per l’amicizia tra i popoli”, le parole di Paolo Savona, eminente economista e presidente della Consob, hanno risuonato con giudizi perentori. Allo scoppio della crisi economica “l’Europa era impreparata, la Bce era impreparata. Draghi ha fatto il Quantitative easing solo nel 2012, quattro anni dopo. Questa è la mia critica, non sono contro l’Europa, ma (le istituzioni) non sono state dotate degli strumenti giusti… serve una banca centrale che abbia il potere di intervenire sulla speculazione, ma non nel modo in cui ha fatto Draghi”.
Savona ha spiegato che la Bce interviene sul debito pubblico italiano che ne ha bisogno, perché è oggetto di speculazione, ma poi interviene anche su quello tedesco che non ne ha bisogno e in questo modo gli interventi della banca centrale calmierano ma non risolvono. La mia opinione è che Savona, se ha detto quello che pensa veramente, ancora si illude che la Bce lavori per il bene dei popoli, si illude che la Bce lavorando per il bene della moneta unica lavori per il bene dei popoli, senza considerare che nel momento nel quale i due beni (della moneta unica e dei popoli) non dovessero coincidere, la Bce ha già deciso, lei lavora a difesa della moneta unica, non dei popoli.
Questo è il punto di maggiore differenza tra la Bce e l’americana Fed: mentre la Fed ha anche l’obiettivo della piena occupazione, la Bce ha come unico obiettivo la stabilità dei prezzi, cioè di fatto la rarefazione monetaria, senza curarsi se questo poi produce contrazione dei salari (e quindi impoverimento) e disoccupazione. Ovviamente questo conduce anche a una compressione del Pil e quindi a una destabilizzazione dei conti pubblici, alla mancanza di investimenti e finisce inesorabilmente per minare alle fondamenta la crescita economica e il libero mercato.
Infatti, il metodo della Bce (questo in comune con la Fed) è quello di proteggere la moneta proteggendo i suoi distributori, cioè le banche, immettendo quantità abnormi di liquidità, tramite i cosiddetti Quantitative easing nel momento in cui queste entrano in crisi. Ma così facendo aumentano le distorsioni di una finanza già distorta dagli abusi, invece che correggere quelle distorsioni.
L’intervento di Savona ha anche una tempistica di particolare significato. Infatti, recentemente i tassi di interesse dei titoli Usa si sono “invertiti”: i tassi dei titoli a due anni sono ora superiori a quelli dei titoli a dieci anni. Questo significa implicitamente che, se ora le cose vanno malino, per il futuro andranno peggio. Ma la questione davvero preoccupante è che la storia insegna che quando questa inversione è avvenuta c’è sempre stata una recessione. E tutti i commentatori ormai la danno per certa, visto che questo non è stato l’unico segnale di questi tempi: la previsione del Pil è stata corretta al ribasso in tutta l’Ue, il Pil della Germania è previsto vicino allo zero e già ora la produzione industriale ha un valore percentuale negativo. Se dovesse avere un valore negativo anche la prossima rilevazione, la Germania entrerebbe ufficialmente in recessione.
E l’Italia? La notizia per l’Italia è una notizia che non ha nulla di nuovo: nuovo record per il debito pubblico, arrivato a 2.386 miliardi di euro. Allora diciamo che il nuovo Governo che prenderà la guida del Paese dovrà affrontare non tanto il problema del debito, ma questo problema nelle circostanze di un’economia che non cresce più con il contestuale arrivo della crisi. Un Governo che, come ha accennato la Lega nella sua proposta, dovrà varare una robusta manovra di taglio delle tasse o nuovi investimenti (50 miliardi la proposta della Lega) per fronteggiare la crisi in arrivo.
Lo stesso tipo di manovra che si stanno preparando a fare sia Germania che Francia, in violazione dei limiti di Maastricht, perché loro hanno sempre inteso così le regole: buone per opprimere gli altri. Il vero danno quindi sarebbe quello di non approntare uno shock finanziario di questo genere. Da questo punto di vista, un Governo giallo-rosso mi sembra il meno propenso a proporre una soluzione di questo tipo. Vuol dire che la crisi ci investirà in pieno e, dopo il crollo dell’economia, pur di “salvare il salvabile” ed “evitare il default” in un batter d’occhio ci troveremo un Draghi (o un Cottarelli) presidente del Consiglio, pronto a svendere i pochi beni rimasti allo Stato e a sottrarre le ricchezze degli italiani con tasse e patrimoniali.
Però, in fondo in fondo, spero sempre di sbagliarmi. Gli italiani sono un grande popolo, capace di sorprendere la Storia.