Intervenendo giovedì al 45° meeting del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde ha ribadito un concetto espresso già la settimana scorsa a seguito della riunione del Consiglio direttivo della Bce: l’Eurotower manterrà una politica caratterizzata da opzionalità, gradualità e flessibilità. Tuttavia, nella giornata precedente, il suo vice, Luis de Guindos, intervistato da Bloomberg, aveva detto che a luglio potrebbe arrivare un’apertura a un rialzo dei tassi, mentre il Presidente della Bundesbank Joachim Nagel aveva spiegato che i dati economici suggeriscono che la Bce dovrebbe terminare presto il programma di acquisto di titoli di stato. Cosa sta accadendo all’interno della Banca centrale europea? «In effetti, le comunicazioni – ci dice Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale – non sembrano in grande sintonia con la Lagarde che enfatizza “gradualità e flessibilità” nella gestione della politica monetaria e gli altri due membri del suo Consiglio direttivo che segnalano un inasprimento della politica monetaria a breve, già a partire dal prossimo luglio. Peraltro, de Guindos enfatizza che l’aumento dei tassi potrebbe essere contemporaneo se non addirittura precedere la fine del programma non convenzionale di acquisto titoli, denominato App».
Sembra quasi che per la Bce si stia ripetendo lo “schema” visto con la Fed: prima dichiarazioni sulla transitorietà dell’inflazione, poi sulla sua persistenza e il cambio di rotta verso rialzi dei tassi che a quanto pare saranno persino superiori a quanto inizialmente previsto. È così?
Dall’esterno, appare come una sorta di condizionamento culturale da parte della Fed. Tuttavia, vorrei ricordare che le condizioni dell’Eurozona sono strutturalmente diverse. La stessa Presidente della Bce, nel suo intervento dinanzi alla commissione ministeriale del Fmi a Washington l’altro giorno, ha ricordato che il rialzo dei prezzi è largamente dominato dal rincaro delle materie prime energetiche, una dinamica chiaramente esogena. Invece, non mi pare venga adeguatamente sottolineato che, a differenza dell’economia americana, quella dell’Eurozona sconta una dinamica di salari e stipendi inferiore a quella inflazionistica. Ne discende, pertanto, che, in termini reali, i salari e gli stipendi stanno diminuendo, non aumentando, a casa nostra.
Non è che nella Bce, sotto traccia, si è intensificato lo scontro tra falchi e colombe?
Effettivamente questa è l’impressione che si ricava. Nella sua intervista, de Guindos non riesce a elaborare con convinzione il caso per un inasprimento anticipato della politica monetaria. Ammette che il rialzo dei prezzi stia raggiungendo il picco in un contesto in cui le aspettative di inflazione nel medio termine risultano ancorate al target del 2% fissato dalla Bce. Sottolinea il contesto attuale di grande incertezza. Ma, in presenza di incertezza, la letteratura economica suggerisce di astenersi dal prendere decisioni cha abbiano conseguenze durature. Poi, paventa la possibilità di rialzi salariali. A oggi, però, questa rimane una possibilità come tante perché non si legge nei dati che sono disponibili.
Tutto questo cosa comporta e cosa può comportare in prospettiva per l’Italia?
Per l’Italia si può materializzare, ancora una volta, uno scenario in cui gli spread si disallineino in misura significativa rispetto ai Paesi dell’Eurozona. Questo dipenderà da molteplici fattori, incluso la capacità che avrà il Governo di scaricare a terra il Pnrr, in sostanza, di far partire gli ambiziosi programmi di investimento di cui si è tanto parlato sinora. La politica energetica giocherà, poi, un ruolo fondamentale. Sarà interessante verificare i meccanismi di prezzo che vengono negoziati in questi giorni con i nuovi Paesi fornitori. Se fossero viscosi rispetto ai livelli attuali, che sono il picco, la competitività e, quindi, la crescita dell’economia italiana ne sarebbe ulteriormente penalizzata.
E questa situazione cosa richiede invece alla Commissione europea, posto che l’Europarlamento pensa addirittura a uno schema di tassa per aumentare i fondi del Ngeu?
Stiamo attraversando una fase che non ha precedenti nella storia recente con due shock consecutivi che stanno ridefinendo la morfologia dell’economia mondiale. Il peggior errore sarebbe di affrontarla con gli schemi del passato. Nell’immediato occorre permettere, anzi richiedere, l’aggiornamento del Pnrr alla luce delle nuove priorità della politica e della sicurezza energetica. Per l’Italia significa puntare a generare maggior capacità energetica all’interno dei nostri confini, anche se questo significasse ricorrere al nucleare di ultima generazione. Capisco la politica di diversificazione tra Paesi nel mix di approvvigionamento che il Governo ha messo in piedi. Ma si tratta di Paesi pur sempre politicamente assai fragili a cui non possiamo legarci in modo strategico per il futuro. Le regole della politica fiscale vanno anch’esse aggiornate e non solo per mitigare il significativo rallentamento nella crescita. Si tratta di rendere quelle regole più credibili alla luce delle nuove priorità della politica fiscale che deve includere maggior spese per la difesa e la sicurezza delle nostre democrazie.
(Lorenzo Torrisi)
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