Piazza Affari non si è molto scaldata, ieri per gli spunti offerti dalle due big assicurative tricolori: Generali e Unipol. Più attesa la presentazione del piano  del Leone, da parte del Ceo Philippe Donnet. Meno annunciata la mossa su Carige decisa da Bper, di cui la compagnia bolognese è azionista-pivot. Per i mercati comunque, due appuntamenti di passaggio: non decisivi per quanto niente affatto privi di significato.



Il titolo triestino si muove da molti mesi principalmente sulla scia della scalata in corso da parte di Francesco Gaetano Caltagirone (che ha superato il 6%) e Leonardo Del Vecchio, più concentrato sulla cassaforte Mediobanca. Il piano Donnet, di per sé, non aveva le premesse per aggiungere o togliere molto: nonostante l’incremento da 3 a 4 miliardi del pay out in dividendi nel triennio 2022-24. Semmai l’effetto segnaletico per il mercato è giunto dal cda che l’ha approvato: con 11 voti a favore su 13 e il solo Caltagirone contrario, mentre il rappresentante di Del Vecchio ha disertato la riunione. Nel board Generali, dunque, non si è presentato compatto il “patto” fra i due tycoon italiani forte del 15,5% con il supporto di Fondazione Crt (ed Edizione Holding in anticamera). La riconferma di Donnet, espresso da Mediobanca (17,2% dei diritti di voto) sembra quindi restare all’ordine del giorno, anche se sul futuro di Mediobanca-Generali (da mezzo secolo vero cardine del sistema finanziario italiano) le variabili restano molte: prima fra tutte la permanenza di Mario Draghi alla guida del Governo e il grado di interventismo sui grandi dossier finanziari, anche sullo sfondo delle nuove relazioni fra Italia e Francia in Europa. 

La stessa Mediobanca non è certamente estranea alle strategie del polo Unipol: che rimane azionista di minoranza in piazzetta Cuccia, anche se tramite la holding Fin.priv. Ma, soprattutto, Mediobanca è stata advisor di Bper nella recente acquisizione di un vasta rete di sportelli Ubi, dopo l’Opa di Intesa Sanpaolo. Dopo il passo, il nuovo amministratore delegato Pierluigi Montani ha impostato un virtuale raddoppio, con la manifestazione d’interesse (non ancora vincolante) a farsi carico di Carige, disimpegnando il Fondo interbancario di tutela dei depositi. È un’operazione che – su scala minore – configura la stabilizzazione definitiva che UniCredit non è riuscito a garantire a Mps. In concreto: un sollievo a Bce e Bankitalia, anzitutto, sulle sorti di uno dei punti dolenti del sistema bancario nazionale (il terzo è Popolare di Bari).

Difficile che uno sviluppo simile non abbia un significato a Palazzo Chigi: che certamente non sente il bisogno di un nuovo sommovimento d’instabilità, soprattutto dopo l’apertura di un ennesimo “caso Telecom”.

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