Il risultato delle elezioni parlamentari francesi ha inevitabilmente ripercussioni che travalicano le Alpi, visto che i conti pubblici di Italia e Francia sono sotto il faro della Commissione europea, e il Leie, dato lo storico filo che lega Parigi e Bruxelles. Bisognerà, però, aspettare ancora una settimana, dopo il secondo turno, per avere un quadro più chiaro. Abbiamo intanto chiesto un commento all’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili.
Dopo il risultato del primo turno delle elezioni parlamentari francesi, i mercati hanno tirato un sospiro di sollievo. Il rischio è definitivamente scongiurato?
Bisognerà vedere come andrà il secondo turno per capire se il Rassemblement National avrà o meno la maggioranza assoluta. Il programma del partito della Le Pen, come anche quello del Nouveau Front Populaire, non è compatibile con il percorso di rientro dei conti pubblici cui la Francia è chiamata e con le regole del Patto di stabilità. Bisognerà, quindi, vedere se verrà portato avanti integralmente o meno.
Il percorso di rientro dei conti pubblici accomuna Italia e Francia. Questo è un bene o no?
Se la situazione francese diventasse la prima emergenza da affrontare seriamente, questo potrebbe aiutare l’Italia, che potrebbe ottenere un trattamento quanto meno non peggiore di quello che verrebbe riservato alla Francia. Va, però, anche evidenziato che se il Paese transalpino dovesse andare contro le richieste di Bruxelles ed essere colpito dai mercati, questo avrebbe ripercussioni negative anche sui nostri titoli di stato.
E la Bce resterebbe spettatrice, a parte l’uso del Tpi che potrebbe fare?
Anche la Bce sarebbe un soggetto chiave in una gestione in qualche modo saggia e controllata della situazione per non farla precipitare. Da questo punto di vista può fare tanto, al di là di quelli che sono gli impegni formali. Può anzitutto agire sui tassi di interesse, abbassandoli più di quello che ha fatto il mese scorso, o anche ricalibrando il riacquisto dei titoli di Stato a seconda delle esigenze.
Torniamo indietro a quello che è accaduto la scorsa settimana al Consiglio europeo, con la forte presa di posizione della Premier italiana riguardo le nomine Ue. A suo avviso, cos’è successo?
Penso ci sia stato un cortocircuito non previsto per certi aspetti. Forse la Meloni si aspettava di ottenere qualcosa di più dopo il risultato delle europee e contemporaneamente sono iniziati dei movimenti a destra che la impensieriscono non poco. È emersa, infatti, la possibilità che i polacchi del Pis escano dall’Ecr e Orban è pronto a dare vita a un nuovo gruppo al Parlamento europeo in cui potrebbero anche confluire la Lega e il Rassemblement National. Dunque, la Meloni si è trovata a dover gestire una partita difficile che non poteva garantirle un successo sia come Premier italiana che come leader dell’Ecr.
Sostenere l’accordo sulle nomine l’avrebbe penalizzata nel suo ruolo europeo?
Esattamente. Più si avvicina alla von der Leyen, con la possibilità di ottenere qualcosa per l’Italia, come un Commissario di peso, più rischia di trovarsi poi isolata tra le destre europee.
Qualcosa come Premier italiana potrebbe in effetti ottenerlo, visto che la Presidente della Commissione ha bisogno di un sostegno all’Europarlamento per non rischiare di cadere vittima dei franchi tiratori.
Sì, ma la von der Leyen potrebbe anche cercare di ottenere il supporto dei Verdi. Bisognerà, quindi, vedere come procederanno sotto traccia le trattative in queste settimane.
Si è parlato di una possibile vicepresidenza italiana della Commissione, che però interessa anche la Francia…
Macron punta alla conferma di Thierry Breton a commissario per il Mercato interno e i Servizi, che ha un ruolo importante riguardo il settore industriale e che, quindi, a Parigi interessa molto. Dipenderà, però, anche da come andrà il secondo turno delle parlamentari francesi. Quindi, questa partita è ancora tutta da giocare.
Intanto c’è un asse franco-tedesco sicuramente più debole di un mese fa: può comunque fare da guida all’Europa in questa fase?
Se Macron non se la passa bene lo stesso si può dire per Scholz, molto indebolito dopo il risultato delle europee. In questa situazione Parigi e Berlino hanno tutto l’interesse a sostenersi reciprocamente per evitare di sprofondare e cercare di mantenere l’asse che resta comunque alla base dell’accordo che la settimana scorsa ha portato alle nomine europee.
E per quanto riguarda i punti chiave dell’agenda della nuova legislatura? Non rischiano di non essere all’altezza delle sfide?
In effetti, se pensiamo, per esempio, alla transizione green, c’è bisogno di una revisione seria per non mettere a rischio la sopravvivenza dell’industria europea, vista la forza di Cina e Usa. Tuttavia, su questo come su altri temi possono pesare possibili strategie politiche. Sempre per restare all’esempio della transizione green, è chiaro che se si volesse cercare di trovare un accordo con i Verdi occorreranno concessioni sul tema. Così facendo, però, si potrebbe rafforzare l’opposizione delle destre. È, quindi, concreto il rischio di indebolire l’iniziativa europea sulle strade tratteggiate nei rapporti di Letta e Draghi.
(Lorenzo Torrisi)
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