Le parole pronunciate mercoledì da Christine Lagarde sulla possibilità che la Bce lascia invariati le politiche espansive anche in caso di raggiungimento del target inflazionistico (al di sotto o vicino al 2%) non sono certamente passate inosservate a Berlino. Come ci spiega Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, le dichiarazioni della Presidente dell’Eurotower sono infatti legate anche alla trattativa che Angela Merkel sta portando avanti per fare in modo che l’accordo sul Next Generation Eu venga ratificato da tutti i Paesi membri in tempi “rapidi”, viste le opposizioni del Gruppo di Visegrad e dei cosiddetti frugali.



Professore, le parole della Lagarde ricordano quelle di Powell di qualche settimana fa. Il numero uno della Fed aveva detto di essere pronto a tenere i tassi bassi anche con un’inflazione superiore al 2%…

Sì. Sia Powell che la Lagarde sono consapevoli del fatto che la politica monetaria ha dato quasi tutto quello che poteva e che c’è quindi bisogno di un collegamento stretto con la politica fiscale. Negli Usa, nonostante l’avvicinarsi delle presidenziali, esiste un barlume di accordo tra Democratici e Repubblicani per il varo di una manovra fiscale robusta. In Europa dovrebbe essere il Next Generation Eu ad accompagnare la politica monetaria.



Diventa quindi importante che la Germania, che ha la presidenza di turno dell’Ue, porti a termine con successo il negoziato per far ratificare il Next Generation Eu da tutti i Paesi membri.

Esattamente. La politica monetaria della Bce, per avere il massimo dell’efficacia, dovrebbe essere associata alla politica fiscale che oggi in Europa vediamo, quanto meno come traccia iniziale, nel cosiddetto Recovery fund. Va detta anche una cosa importante a proposito della scarsa efficacia attuale della politica monetaria nello stimolare l’economia reale.

Quale?

Da tempo le politiche espansive della Bce, anche per la mancanza di adeguate politiche fiscali, non raggiungono il loro scopo e finiscono paradossalmente per gravare sui bilanci delle banche, che coi tassi azzerati o persino negativi per i loro depositi presso l’Eurotower hanno difficoltà a far quadrare i bilanci, trovandosi a dover tagliare il costo del lavoro o a prendersi più rischi. Questo problema potrebbe essere in gran parte contenuto se esistesse un’attività finanziaria con un rendimento anche minimo in grado di diventare un target di investimento per il sistema bancario.



Questo strumento finanziario non è già rappresentato dai titoli di Stato?

L’attività di allocazione dei portafogli ha sempre preso come riferimento asset con un rendimento certo. Fino a non tanto tempo fa un titolo di stato poteva essere tale, ma da un po’ di anni i rendimenti si muovono molto.

Allora quale può essere oggi un titolo con le caratteristiche di cui ha parlato prima?

Bisognerebbe che in Europa, come negli Stati Uniti, ci fosse una mutualizzazione del debito. Ci vorrebbe un titolo di stato europeo. Non dispero che ci si possa arrivare nonostante se ne parli da anni, ma non lo vedo certamente dietro l’angolo.

Torniamo alle parole della Lagarde. Sono in qualche modo paragonabili al whatever it takes di Draghi?

Draghi con quel celebre discorso è riuscito poi a portare la Bce a un’azione che sembra impossibile prima e ha agito in un momento che obiettivamente era di grandissima fibrillazione internazionale. La Lagarde ha invece prospettato un cambiamento di rotta con uno stile suo che vorrebbe rappresentare una garanzia, e mi auguro che lo sia, di continuità con la politica incominciata con quel whatever it takes. È come se la Presidente dell’Eurotower avesse voluto chiarire che non sarà lei a ostacolare politiche anti-cicliche, ben consapevole che, come detto prima, è in questo senso fondamentale il Next Generation Eu.

Pensa che l’apertura a un cambiamento del target inflazionistico fatta dalla Lagarde possa portare a nuovi scontri tra Bce e Bundsebank?

Intanto va ricordato che il tasso di inflazione europeo è una media e ci sono certamente i Paesi dell’Est che, partendo da un livello più basso e avendo un’economia che è cresciuta molto, avranno fisiologicamente un tasso di inflazione più elevato, mentre ce ne sono altri, come il nostro, che al contrario lo hanno basso o persino negativo. Credo che in questo momento in Germania non ci sia una posizione “monolitica” sull’Europa, ma ci siano diverse anime che vanno da quella più intransigente perché teme di dover pagare i debiti degli altri, a quella che capisce che se si vuole confrontare con gli Usa o la Cina l’Ue deve fare passi avanti ed essere politicamente ambiziosa.

(Lorenzo Torrisi)