Per quale motivo, il Quirinale, palazzo Chigi, il Parlamento (e ovviamente le forze politiche) dovrebbero interessarsi a un indicatore finanziario come l’inversione della curva dei rendimenti? In una fase come l’attuale è più importante di quello spread che è pur diventato il McDonald’s o, se si preferisce, gli spaghetti al pomodoro delle cronache economiche. Inversione della curva dei rendimenti vuol dire che i rendimenti di titoli di stato a lungo termine raggiungono livelli inferiori a quelli dei titoli di Stato a breve termine, come è avvenuto sul mercato obbligazionario degli Stati Uniti il 7 agosto scorso. Negli ultimi sessanta anni, tale inversione ha sempre preceduto di qualche mese l’inizio di una recessione. Inversioni analoghe ci sono state sui mercati obbligazionari dell’Australia, dell’India, della Nuova Zelanda e della Tailandia. Nel bacino del Pacifico sono state innescate dalla leggera svalutazione dello yuan messa in atto dalle autorità di Pechino (lo yuan è una valuta amministrata e collegata a un paniere di 24 monete, non lasciata liberamente fluttuare sul mercato) all’apertura dei cambi lunedì 5 agosto.



Cosa vogliono dire questi dati e notizie provenienti da terre lontane per un’Italia il cui Governo è sostanzialmente in crisi? È alle porte non un balzo in avanti nel secondo semestre dell’anno in corso (come sussurrato dal ministro dell’Economia e delle Finanze), ma una recessione che minaccia di colpire l’Europa a tenaglia (sia dal fronte dell’Atlantico, sia dal fronte del Pacifico) e di essere particolarmente grave per un Paese fragile come il nostro. Per combattere tale recessione sin dai suoi prodromi è condizione essenziale, pur se non sufficiente, un Governo coeso che sia in grado di impostare, e di fare approvare e attuare, una manovra di finanza pubblica lungimirante e coraggiosa quale quella delineata su questa testata lunedì scorso.

Chiaramente non basta un Governo coeso. Sono necessari molti altri elementi, quale, ad esempio, la condivisione, o almeno la concertazione, con le parti sociali per un’equa distribuzione dei costi e dei benefici della strategia. Ma senza un Governo coeso, non è possibile mettere in atto nessun altro antidoto a questa recessione che viene da lontano, ma che si intravedeva già quando invece di mettere vitamine e anticorpi nel sistema si duplicavano programmi assistenziali e i due partner del contratto di governo scivolavano dalle liti agli insulti.

Come giungere a Governo coeso? In democrazia, la corsia migliore è un passaggio elettorale. L’urgenza, però, è tale che si potrebbe ricorrere anche a un Governo coeso di personalità di chiara fama che non abbiano intenzione di entrare nell’agone politico, ossia un Governo del Presidente (della Repubblica) che, una volta ottenuta la fiducia del Parlamento sarebbe a pieno titolo politico.

L’obiezione secondo cui prima di uno scioglimento delle Camere dovrebbe essere varato il disegno di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari non regge per due ordini di ragioni. In primo luogo, la procedura – compreso referendum confermativo e riordino dei collegi elettorali, e forse anche delle normative per la elezione di senatori e deputati – rischia di durare circa un anno; la parte politica che la propone, dopo aver contribuito alla decrescita (non so quanto felice) dell’economia italiana, avrebbe la responsabilità di bloccare quelle difese contro la recessione prossima ventura che solo un Governo coeso può mettere in atto.

In secondo luogo, brandire questo vessillo in campagna elettorale può non essere positivo : lo fece Veltroni nel 2008 – forse Luigi Di Maio era troppo giovane per ricordarlo – e il risultato fu tutt’altro che buono per la sua parte politica. In aggiunta, sarebbe facilmente origine di polemiche (non di coesione) il combinato disposto con i tentativi di riforma dello Statuto del Movimento 5 Stelle per permettere a Ministri, Sottosegretari e altri di sedere nel prossimo Parlamento.

Altra obiezione è l’accavallarsi con la Legge di bilancio. Non solo se si fa presto si potrebbe avere un Governo coeso in carica per le ultime fasi della Legge di bilancio, ma un Governo del Presidente potrebbe impostare la legge mentre si organizzano e si tengono le elezioni. Sarebbe più dignitoso di quanto avvenne lo scorso anno, quando la legge venne riscritta in 48 ore sotto dettatura dei funzionari, “di rito prodiano”, della Commissione europea.