In Italia è iniziata la campagna elettorale. Forse non è mai terminata, ma, nel corso delle ultime ore, si può attestare mediaticamente il suo “ufficiale” start. Nella prestigiosa, e talvolta temuta “terza Camera” del nostro Paese, si è consumato un primo confronto (a tratti duello) che implica un significato premonitore per il nostro prossimo futuro. Lo studio televisivo di Porta a Porta, il celebre salotto divenuto per l’occasione tribuna politica o metaforica arena, ha ospitato Matteo Salvini e Matteo Renzi. Uno accanto all’altro, ma separati in casa dal padrone di quest’ultima, Bruno Vespa. I due “leoni” (denominazione attribuita ai due contendenti dal conduttore) si sono prima incontrati rivolgendosi un formale “lei” per poi scontrarsi all’insegna di una vera e propria bagarre concludendo le varie argomentazioni con un più informale (e naturale) “tu” tra colleghi.



In questo nostro spazio editoriale non vogliamo soffermarci sulla vittoria o sconfitta dell’uno o dell’altro, ma riteniamo invece opportuno soffermarci sul potenziale sviluppo di quanto accaduto. L’evento, perché tale si tratta, non accadeva da tredici anni: lo stesso Bruno Vespa ha voluto sottolineare questo arco temporale e, al tempo stesso, ha rimarcato chi fossero i predecessori di allora: Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Un ipotetico parallelismo versione 2.0? Lasciamo a voi l’eventuale considerazione.



Ciò che deve far riflettere è il tempismo dell’evento: perché proprio alla vigilia del Documento programmatico di bilancio (Dpb)? Perché solo ora? Proviamo ad avanzare un’ipotesi. Il Dpb doveva passare al fine di rasserenare le aspettative della Commissione Ue che, entro il 30 novembre, esprimerà il proprio giudizio in merito. Nel frattempo abbiamo potuto assistere a una nuova frammentazione politica con l’ingresso nel parterre parlamentare della neonata Italia Viva, creatura a firma Renzi. Parallelamente, nel corso di queste ultime ore, il Movimento 5 stelle ha festeggiato il proprio decennio tra malcontenti, assenze giustificate (una), ingiustificate (la maggior parte) e un probabile spettro di future fuoriuscite (magari mediante un nuovo veicolo politico). E proprio quest’ultime potrebbero essere il nuovo obiettivo della macchina politica renziana messa in campo.



A Matteo Renzi (piaccia o no) si deve riconoscere il sempre dimostrato tatticismo rispetto alla maggior parte dei suoi competitors. È innegabile. “Pescare” dal Movimento e da altri bacini opposti (come Forza Italia) potrebbe rappresentare il planning dell’ex rottamatore con l’obiettivo di creare un aggregato politico in ottica di nuovo esecutivo.

L’instabilità politica è tangibile. Le agenzie di rating internazionali hanno avuto ragione in occasione della caduta del precedente Governo Conte e, nei loro recenti (settembre) rapporti e commenti, sembrano essersi portati avanti: «il rischio politico è ancora significativo» (Fitch); «la formazione di un governo di coalizione di centrosinistra dovrebbe far prevedere un periodo di stabilità politica in Italia» (Moody’s); «la nascita di un governo di coalizione evita la necessità di nuove elezioni che avrebbero ridotto il già limitato tempo disponibile per negoziare e approvare la manovra per il 2020» (S&P).

Delle tre principali agenzie, proprio Standard & Poor’s dovrà esprimersi a breve: il 25 ottobre è presente in calendario la revisione del merito di credito dei Paesi europei tra i quali l’Italia. È alquanto improbabile una revisione del rating per il nostro Paese, ma sarà sicuramente interessante, approfondire l’eventuale commento a noi riservato: qualora la stessa agenzia statunitense manifestasse considerazioni riconducibili a una potenziale instabilità politica per il Bel Paese, l’intero scenario sul nostro futuro potremmo ritenerlo delineato.

Generalmente, i tempi della politica sono più dilatati rispetto a quelli della finanza, ma, talvolta, le inaspettate accelerazioni vengono apprezzate dagli stessi politici: soprattutto se la causa è attribuibile ai mercati finanziari.