“La Commissione approva la proposta di Relazione conclusiva sull’attività svolta, come modificata”: è l’ultima traccia lasciata, il 6 ottobre scorso, dalla commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario. Sei giorni dopo la presidente Carla Ruocco, “ha cessato il mandato parlamentare”. Come la deputata (eletta nelle fila M5S e passata poi in quelle di Insieme per il futuro) non sono più parlamentari i due vicepresidenti: Felice Maurizio D’Ettore, eletto Fdi e trasmigrato a Coraggio Italia e il “dem” Mauro Antonio Donato Laus. Non si è neppure ricandidata, il 25 settembre, la star del populismo anti-bancario italiano: Elio Lannutti, eletto da M5s, ma presto “resuscitato” come Idv, il suo originario brand politico.



Chissà se la relazione formale della commissione riuscirà a fare qualche rumore, a differenza della sua chiusura-requiem dei battenti istituzionale. Eppure la commissione ha lavorato per due anni e mezzo: era stata istituita da un Parlamento ancora “giallo-verde”  per riprendere, sviluppare, portare a compimento strategico l’inchiesta parlamentare lasciata interrotta dalla “commissione Casini”. E nei sei mesi precedenti il voto 2018 la pur strangolatissima prima commissione bancaria si era conquistata più volte le prime pagine: basti pensare alla “querelle” sul ruolo dell’allora ministro per le Riforme Maria Elena Boschi nel crack della Popolare dell’Etruria. Fu comunque nel pieno dei lavori della commissione Casini che il gìGovernatore della Banca d’Italia Ignazio Visco fu confermato per un secondo mandato di sei anni: nonostante la Vigilanza di via Nazionale fosse al centro di un fuoco incrociato riguardante una lunga filiera di dissesti bancari.



L’ultima audizione della commissione Rocco – a metà luglio – ha avuto come ospite l’amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio: alle cronache non è finito nulla che configurasse un’attenzione reale della sovranità parlamentare su una crisi infinita, che in questi giorni sta costando altri 1,6 miliardi ai contribuenti. E pensare che un’assemblea a Siena aveva fatto da palcoscenico a uno dei primi show politici di Beppe Grillo. All’inizio di luglio erano stati ascoltati rappresentanti di risparmiatori “traditi” da Popolare di Vicenza e Veneto Banca: anche in questo caso la sessione non ha prodotto nulla che potesse competere con la notizia della riduzione di pena decisa in appello per Gianni Zonin.



Il voto 2022 – che ha eletto un Parlamento ridimensionato – ha chiuso per definizione un’era, sul piano istituzionale. Ma la deriva (in terra di nessuno e senza ritorno) della commissioni parlamentari speciali – quella bancaria non è l’unica, il caso più eclatante resta quello della “commissione Segre” – sembra confermare che il funzionamento della democrazia rappresentativa ha bisogno di una manutenzione straordinaria.

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