Come sta l’Italia che torna al lavoro e, presto, a scuola? E come sta il Governo giallo-rosso a un anno dal suo insediamento? L’economia mostra segnali di recupero, la società è a terra, impaurita, incerta, profondamente ferita. Siccome economia e società procedono a braccetto, il quadro non è roseo nemmeno sul piano politico. Dall’annuale Forum Ambrosetti il presidente Mattarella ha invitato a fare presto, a presentare “con sollecitudine” i piani nazionali di rilancio che consentono l’accesso al fondo per la ripresa. La Francia ha varato il suo venerdì, la Germania è pronta, l’Italia no ed è proprio questo ritardo a inquietare non solo il Quirinale. Il capo del governo Giuseppe Conte ha rotto il suo lungo silenzio parlando alla festa del Fatto quotidiano per invitare a non tirare per la giacchetta Mario Draghi che non vede “come un rivale, ma come una eccellenza”, tanto che lo avrebbe sostenuto per la Presidenza della Commissione Ue se non fosse stato “stanco della sua esperienza europea”. Forse non è altrettanto stanco per un’esperienza italiana, ma “del futur non v’è certezza”, molto dipende a questo punto non solo e non tanto dall’esito delle elezioni regionali, ma dalla capacità di portare l’Italia fuori dalla recessione e soprattutto dalla sua stagnazione ormai trentennale. Lo ha ricordato il governatore della Banca d’Italia.

“A metà dell’anno il Prodotto interno lordo è tornato al livello raggiunto nella prima parte del 1993 – ha detto Ignazio Visco al forum Euro Science – In termini di Pil pro capite, siamo addirittura agli ultimi anni 80”. La distanza con gli altri Paesi fa rabbrividire. Mentre è abbastanza simile la caduta provocata dalla pandemia, la vera differenza dipende dal fatto che quando è arrivato il Covid-19, l’Italia aveva accumulato un ritardo spaventoso. Negli Stati Uniti il Pil è già tornato ai livelli del 2014, in Germania al 2010, in Francia al 2002 così come in Spagna. Il balzo indietro dell’Italia è davvero spaventoso. Da che cosa dipende? Visco ha passato in rassegna le cause e ha ripetuto le raccomandazioni che aveva già rivolto a più riprese.

Prediche inutili, come quelle di Luigi Einaudi? Peggio ancora, perché l’Italia del dopoguerra, nonostante non abbia seguito il modello virtuoso suggerito dall’economista diventato presidente della Repubblica, ha comunque ridotto il divario con gli Stati Uniti, il Paese leader sul piano economico, tecnologico, oltre che militare. Questo processo si è fermato a metà degli anni ’80 e dagli anni ’90 in poi il divario è sempre aumentato. Le ragioni sono molte, ma spiccano senza dubbio i passi indietro compiuti dalla scuola, dalla ricerca, dall’innovazione, dalla modernizzazione delle imprese. “Se l’industria italiana avesse la stessa taglia di quella tedesca – ha detto Visco -, la produttività del lavoro sarebbe più alta del 20% rispetto a quella attuale, superando anche la Germania”. Il piccolo è bello è stato una scappatoia ed è diventato un’illusione, il nanismo imprenditoriale è ormai una malattia che può rivelarsi letale, è una delle cause della scarsa capacità di innovare, di un modello produttivo ancora basato sulla competizione in termini di costi e non di qualità: se si escludono le nicchie di eccellenza, è questo lo scenario della manifattura italiana e ancor più dei servizi.

Visco ha parlato al mondo delle imprese che non può solo chiedere sostegni senza mostrare la sua capacità di rinnovarsi profondamente e ha parlato al Governo che non ha messo al centro della ripresa la grande riconversione dell’economia italiana. Non esistono ancora programmi, ma solo titoli per lo più scontati senza che ci sia dietro una chiara visione delle cause che hanno portato l’Italia nella palude e ce l’hanno lasciata per tutto questo tempo. Se si pensa che un miliardo di finanziamenti destinati alla banda larga sono stati dirottati per l’emergenza, è possibile capire quanto miope sia la politica succube del giorno per giorno e priva di prospettiva.

Secondo il televoto del Forum Ambrosetti, il 55,4% degli imprenditori presenti a Cernobbio e collegati da tutto il mondo giudica positivo il Recovery fund, mentre per il 42,9% rappresenta un passo nella giusta direzione, ma perfettibile di miglioramenti. Non solo: nove imprenditori su 10 (90,5%) ritengono che l’Italia debba avvalersi del Mes per far fronte all’emergenza Covid-19. Il Governo invece continua a non scegliere, prigioniero com’è dei veti incrociati, paralizzato dalle tensioni politiche interne, dallo sbandamento del M5S dal quale il presidente del Consiglio è stato espresso, e dalla scadenza elettorale che secondo molti potrebbe segnare la fine di questo esperimento politico, comunque esse vadano. Anzi, paradossalmente, se il Pd vince o quanto meno si difende bene, vorrà un premio in un Governo dove finora ha giocato un ruolo se non di junior partner, certo non da leader.

Tra fuoco amico e tiro incrociato, non sarà facile gestire il risultato elettorale. Se per il 21 settembre il Governo non avrà nemmeno presentato un credibile e coraggioso piano per la ripresa, Conte dovrà cominciare il conto alla rovescia, con o senza il fiato di Draghi sul collo.