Diverse analisi cercano di prevedere l’andamento economico-finanziario di questo 2024. Lavoro non semplice, l’incertezza è sempre in agguato anche se da tempo la finanza si confronta con la realtà, le difficoltà della situazione geopolitica, l’inflazione, la transizione ecologica. Una sorta di policrisi dove ricomprendere anche quella climatica, sanitaria, economica.
Negli ultimi anni la finanza sostenibile è divenuta essenziale nell’ambito delle relazioni economiche e degli investimenti. ESG – acronimo di Environmental, Social and Governance – indica un vero e proprio rating, conosciuto come rating di sostenibilità che esprime l’impatto ambientale, sociale e di governance di un’impresa o di un’organizzazione che opera sul mercato, un punto cruciale nella creazione di valore a lungo termine nella gestione dei rischi e di promozione di un impatto positivo su società e ambiente.
Abbiamo più volte affrontato questo tema, uno dei macrotrend più apprezzati e condivisi. Partito come una tendenza di nicchia sino a divenire fenomeno mainstream. Spinte e sfide globali a cui il Piano d’azione (Action Plan sulla Finanza Sostenibile) promosso dall’Unione europea nel marzo 2018 ha dato un forte impulso con i provvedimenti a esso collegati, tra cui le regole sulla discloure che hanno dato vita nel marzo 2021 alla entrata in vigore della Sfdr (Sustainable Finance Discloure Regolation). Nel luglio 2022 è stato pubblicato il Regolamento delegato 2022/1288 con gli standard tecnici sulla Sfdr , mentre è del gennaio dell’anno scorso l’entrata in vigore degli standard tecnici (Rts) delle Esa (European Supervisory Authorities) che prevedono la preparazione di una documentazione standardizzata con un alto grado di dettaglio.
L’obiettivo della Sfdr, in raccordo con le altre norme europee, la Tassonomia europea e la Csrd è quella di indirizzare gli investimenti verso prodotti finanziari che contribuiscano alla crescita sostenibile.
Ma è difficile guardare oggi con ottimismo al prossimo futuro degli ESG in chiave di istituzioni Ue: negli ultimi cinque mesi, di fatto, sono arrivati segnali di bocciatura per tre pilastri dell’impalcatura normativa continentale. Venerdì 9 febbraio in Consiglio europeo ha rischiato di affondare con il rinvio per l’approvazione finale la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (Csddd); in ottobre, il passaggio a vuoto nel Parlamento europeo era toccato alla Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd), con la richiesta di rivedere gli European sustainability reporting standard (Esrs), e quindi, di fatto, bloccare l’entrata in vigore della Csrd dal primo gennaio del 2024.
Ma anche la consultazione aperta a settembre 2023 e chiusa lo scorso 15 dicembre relativa a una completa valutazione del regolamento Sfdr varato a inizio 2021 non ha dato segnali positivi, tutt’altro. L’intento era capirne il livello di attuazione, l’interazione con gli altri framework europei sulla finanza sostenibile, le eventuali carenze nel garantire una “responsabile” allocazione dei capitali e nel limitare il greenwashing. Molto attesa e rilevante era la consultazione riservata ai soggetti coinvolti direttamente dalla norma, che ha ottenuto 324 risposte e si è chiusa – non ufficializzata – con una sorta di “bocciatura” della Sfdr che sarà utile analizzare e distinguere le cause.
Potremmo anticipare e dire che il regolatore europeo ha poco di cui essere soddisfatto. Il sistema (gli attori del mercato, associazioni di rappresentanza, istituzioni) hanno dato una risposta chiara di distanza rispetto alle ambizioni e aspettative del regolatore. Tra i dati, per esempio, circa l’80% ritiene che abbia creato incertezza normativa, l’83% ritiene che sia divenuto un sistema di labelling. In termini di obiettivi attesi, solo il 14% lo ritiene in grado di canalizzare i capitali verso gli investimenti sostenibili e l’8% di rafforzare la protezione degli investitori finali.
C’è un filo conduttore tra le tre situazioni: la difficoltà del sistema economico-finanziario di fronteggiare gli schemi di un regolatore che ha guardato forse troppo avanti in termini di un completo controllo del mondo ESG. Di contro, dalla consultazione Sfdr, si coglie anche l’impressione di un sistema di business che non punta a cancellare le norme di Bruxelles. L’industria finanziaria, gli investitori sembrano essere consapevoli di aver avviato un percorso molto complesso, ma le cui finalità e obiettivi sono importanti e condivisibili.
Il sistema ha bisogno di “usability”, tradurre in meccanismi efficienti ed efficaci un impianto normativo che sta ispirando le legislazioni di tutto il mondo. E, soprattutto, ha bisogno di tutti i possibili tasselli di fiducia, per continuare a crederci.
D’altronde, anche le cifre dei fondi ESG sulla raccolta globale indicano un malessere e il senso di una criticità. Nell’ultimo trimestre del 2023, secondo il report di Mornigstar, i gestori di tutto il mondo hanno registrato deflussi per 2,5 miliardi di dollari. Valori negativi anche nell’ultimo anno, anno e mezzo, che segnava già un’inversione di rotta con una raccolta ancora positiva, ma in caduta rispetto ad analoghi precedenti periodi. Uno stop che ha riguardato tutte le aree del mondo con un’Europa che ha mostrato maggiore resilienza.
Cosa sta succedendo? Siamo già al declino dell’ESG? Certamente no, ma questa situazione va letta e interpretata. L’industria del risparmio gestito, dietro alla spinta dei “regolatori”, sta cercando di mettere ordine in un settore molto complesso e difficile da regolamentare; siamo a un punto di flessione dove emergono problemi, ma ciò non toglie che le tematiche ambientali, sociali e di governance continueranno a essere una via obbligata per l’evoluzione futura non del solo settore degli investimenti, ma dell’intera umanità.
Vista da questa angolazione, la questione assume contorni più normali: fasi di crescita e battute di arresto caratterizzano la maggior parte dei trend socioeconomici più solidi e longevi. Si tratta di prendere consapevolezza della fase in cui ci si trova. Occorre un salto di qualità, una responsabilità crescente e diffusa. La regolamentazione rappresenta ancora un dato critico, è necessario un maggiore impegno da parte degli operatori per garantire la trasparenza e l’affidabilità dei prodotti ESG. Il processo di analisi ESG dovrà essere sempre più accurato, condotto con strumenti più efficaci, attraverso anche la possibilità di utilizzare i molti dati a disposizione sul mercato.
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