Fitch ieri, come da attese, ha confermato il rating sul debito italiano a BBB- con outlook stabile. Il rating è supportato “da un’economia diversificata e ad alto valore aggiunto e dall’appartenenza all’eurozona”; l’Italia “beneficia del programma di stimolo monetario della Bce e ha un indebitamento privato moderato” e ha dalla sua ” un surplus commerciale”. Le notizie positive finiscono più o meno qua. Fitch si attende un deficit oltre il 10% nel 2020 e al 6% nel 2021. Il debito su Pil alla fine del 2020 è stimato al 160%. La disoccupazione è vista oltre l’11% sia nel 2020 che nel 2021 mentre il Pil alla fine del 2021 sarà di quattro punti percentuali inferiore a quello di fine 2019 mentre per il resto d’Europa solo di tre punti.
Le misure del Governo a supporto dell’economia, secondo Fitch, ammontano a 55 miliardi di euro, molto sotto le cifre contenute negli annunci degli ultimi mesi. Fitch include anche qualche valutazione “politica”. Secondo l’agenzia non è chiaro, dopo gli Stati generali e il piano di Colao, in che misura il dibattito si “tradurrà in una reale politica economica”. Non solo, “le divisioni tra Pd e M5S sulle riforme e le priorità di spesa hanno la potenzialità di ritardare l’implementazione di una strategia economica credibile nel medio termine”. Fitch, infatti, non include nelle proprie stime alcuna nuova riforma. Segno di una certa sfiducia sulla capacità del Governo di “produrre” riforme che possano avere impatti significativi.
Nella fase attuale i “mercati”, inondati di liquidità delle banche centrali, mettono i problemi economici degli Stati in un calderone e sono disposti a dimenticare almeno per qualche mese i dati drammatici. Quando il polverone dell’emergenza sanitaria verrà meno la misericordia dei mercati finirà per aprire i conti sui danni dell’economia, sulle prospettive di crescita, sulla velocità di recupero, sulle “riforme” e sulla credibilità della strategia economica. Fuori dai confini italiani, soprattutto nel resto d’Europa, i mercati si misurano già con situazioni molto più normali e presto cominceranno a fare i “conti”. Illudersi che prolungare l’emergenza possa dilatare la sospensione del giudizio è pericoloso: è perfettamente possibile che a settembre l’emergenza sia finita in Europa e a quel punto il giudizio prescinderà da quello che si dirà in Italia sulla questione. In questo caso il tempo di grazia sarà finito.
La speranza è che le agenzie di rating cambino opinione sulla difficoltà del Governo italiano di presentare una strategia economica credibile e comincino a includere gli effetti di riforme che oggi non si vedono neanche con il binocolo con le imprese lasciate a se stesse e la burocrazia in forma smagliante.