La breaking new sul Financial Times ha rotto l’ultimo, sonnolento sabato pomeriggio della City londinese prima che la Brexit diventi un fatto compiuto, almeno sul piano politico-legislativo. Il fondo sovrano dell’Arabia Saudita ha offerto 350 milioni di sterline (oltre 400 milioni di euro) per acquistare il Newcastle United, uno dei club della Premier League inglese. Il Public Investment Fund di Riyad è controllato direttamente dal “principe della corona” Mohammed bin Salman, più volte assurto alla ribalta recente dell’attualità globale.
L’episodio più noto – l’assassinio a Istanbul del giornalista Jamal Khashoggi – ha attirato sul nuovo monarca luci molto negative (cinque condanne a morte sono state appena pronunciate a Riyad, che non ha potuto eludere una parziale assunzione di responsabilità). Ma “MbS” è stato protagonista anche di altri passi, che la generalità degli osservatori ha colto in chiave di modernizzazione socio-economica del regno wahabita.
Prime aperture verso una diversa condizione della donna nel Paese e soprattutto la maxi-Ipo di Aramco – cassaforte finanziario-petrolifera di Riyad – hanno sicuramente segnato tentativi di cambiamento. E sul complesso scacchiere geopolitico del Golfo, l’Arabia Saudita è oggi ferma oppositrice dell’espansionismo iraniano, contando su alleanze solide con gli Usa di Donald Trump e con Israele.
Il tentativo di acquisizione del Newcastle può certamente rientrare in una charming offensive finalizzata al sostegno dell’immagine del regime saudita (già presente in Premier con lo Sheffield United, di proprietà di un principe della famiglia reale). Il Newcastle, in ogni caso, non vanta il palmares del Manchester City (controllato da un principe di Abu Dhabi) o del Paris Saint Germain, di proprietà qatariota. Risaltano quindi altri profili dell’iniziativa di Riyad, che matura in Gran Bretagna alla vigilia della Brexit: poche ore dopo che il nuovo premier Boris Johnson ha siglato e portato alla Regina Elisabetta l’atto d’uscita del Regno Unito dall’Unione europea dopo 48 anni.
Non sarà certo la rondine saudita a fare primavera in una post-Brexit che per Londra si profila ancora densa di incognite: quelle, anzitutto, collegate con gli accordi economici di sganciamento, ancora da perfezionare con Bruxelles. Però FT ha egualmente e significativamente riservato un lancio-breaking alle trattative Pif-Newcastle. I grandi investitori internazionali non sembrano affatto cauti di fronte a una Gran Bretagna che torna in navigazione autonoma sui mari agitati della finanza e della geopolitica.
Il football – che oggi è un grande business nella sua patria d’origine – resta attrattivo. E con annunci di deal come questo, la City conferma e rilancia la sua identità globale di mercato finanziario efficiente e laicamente apolide.