Nel mio precedente articolo prefiguravo, usando parole diverse, che nonostante gli indici economici procurassero un certo ottimismo, occorresse invece tornare a percorrere strade sicure che l’uomo aveva già usato in modo naturale senza che esistessero studi specializzati di economia. In altri termini, al centro dell’universo deve esserci l’uomo, unico essere vivente capace di modificare in peggio o in positivo la vita sul nostro pianeta.



Chissà perché la testardaggine di alcune persone, che sono riuscite a occupare i posti di comando dei centri di informazione e di gestione economica e politica, vuole continuare nell’illogica centralità della globalizzazione e del liberismo più sfrenato, accompagnando questi obiettivi posti al di sopra dell’umanità con l’emissione della moneta a debito affidata a un organismo peraltro rivestente un ruolo estraneo all’economia dei Paesi interessati; infatti, la Bce e il sistema a essa collegato non permettono di reinvestire gli interessi maturati sui prestiti negli stessi Stati che li hanno pagati spogliandoli della corrispondente economia reale prodotta a vantaggio di chi detiene il controllo della finanza speculativa.



A distanza di una decina di giorni da quell’articolo, i segnali negativi (tranne il famigerato spread, di cui mi farebbe piacere che in tutto il mondo si capisse la sua paradossale bufala) si vedono da ogni dove: le banche italiane, che poi di italiano hanno solo il nome, accusano segnali di caduta; la Deutsche Bank ha chiuso il secondo semestre 2019 con perdite nette per 3,15 miliardi di euro, contro le attese di 1,7 miliardi (chi ha letto altri miei articoli è stato correttamente informato) ed è costretta ad agire nella maniera peggiore attuando – seguendo la teoria liberista e globalista – un taglio di 18.000 dipendenti e avviandosi verso una repentina uscita dal global equity market; l’indice Ifo dell’economia tedesca cala a 95,7 punti a luglio dal 97,4 di giugno, arretrando ai minimi da sei anni e anche qui le previsioni di decrescita erano più contenute, l’indice PMI manifatturiero è crollato a 43,1 punti, al di sotto della soglia di 50 che separa la contrazione dalla crescita economica, pur beneficiando, detta economia, di inusitati vantaggi differenziali nel campo della finanza.



Ciononostante si continua a procedere indefessi nel mito della globalizzazione e del liberismo, come se fosse una nuova straordinaria invenzione. Sicché, anche le misure di salvataggio in campo per la Carige possono trasformarsi in ottime possibilità per gli speculatori, se sorretti da burattini politici compiacenti, ovvero in pessimi affari; infatti, per la Carige è prevista l’emissione di un titolo subordinato di appena 200 milioni, ma con un rendimento vicino al 10%.

Di fronte a tanta incapacità non resta che continuare a precipitare verso condizioni di vita peggiori, che solo le nuove scoperte umane riusciranno a contrastare: ma saranno sufficienti?