Dopo una cavalcata pazzesca, che ha portato il Bitcoin dai 26mila dollari di inizio anno fino a toccare i 42mila, ora il prezzo si trova intorno ai 35mila. Ma niente, i diffusori di menzogne del mainstream non riescono a trattenersi e hanno approfittato di questa breve discesa per parlare di “scoppio della bolla” o “crollo del Bitcoin”. Evidentemente il fatto che una cosa non creata o pensata da loro possa avere successo non li fa dormire la notte.
Addirittura la FCA, la corrispettiva della Consob in Gran Bretagna, in un suo comunicato ha affermato che chi investe in Bitcoin “si deve aspettare di poter perdere tutto”. Ma va? Proprio come chi investe in borsa, dove comunque c’è il rischio che un’azienda fallisca e le azioni valgano zero?Però, a bocce ferme, quando si fanno le analisi serie, allora istituzioni come il colosso bancario JP Morgan affermano che siamo solo all’inizio della crescita e che si stima possa crescere fino a toccare i 146mila dollari. Una cifra mostruosa, però ipotizzata nel lungo periodo, cioè assolutamente da escludere per l’anno in corso.
A dir la verità, tutto il settore finanziario e bancario appare in fibrillazione, ma non solo per il Bitcoin. E si capisce anche perché, soggetto come è agli sbalzi di notizie sulla pandemia, sui vaccini, sulle elezioni Usa (la cui vicenda non pare ancora finita), sul Recovery Fund (i cui termini e condizioni non sono ancora chiare e verranno decise in questi giorni). Insomma, il povero Nasdaq si trova di fatto agli stessi valori di inizio anno, ma nel frattempo ha visto da vicino l’inferno (crollo del 4 gennaio) e poi la resurrezione (salita del 7 gennaio e dei giorni successivi, fino al nuovo record). Con questi andamenti, chi ci capisce qualcosa non è bravo, è un fenomeno!
Comunque sia, l’economia reale (complice la pandemia e le politiche scellerate dei governi) va di male in peggio, ergo le banche centrali sono costrette agli straordinari (per la stampa di moneta), ergo le banche ricevono fiumi di liquidità e le investono sui mercati finanziari (l’unico posto dove rendono qualcosa) o li prestano a chi investe nei mercati finanziari. E le borse salgono.
Ma come già detto, questa follia non può finire bene. Prima o poi dovrà arrivare la resa dei conti. E sarà una tragedia, sia per le borse che da un punto di vista economico. Ma non accadrà per sbaglio, per un errore di valutazione. Accadrà perché così è stato accuratamente pianificato, come documentato dal World Economic Forum e dal sito dedicato al cosiddetto “Great Reset”, dopo il quale nulla sarà come prima.
Per comprendere cosa si intenda per “Great Reset”, può essere utile la lettura dell’articolo (in inglese) “Come la vita può cambiare nella mia città nell’anno 2030” e in particolare il paragrafo “La morte dello shopping” (“The death of the shopping”) dove si possono leggere perle di questo tipo “Shopping? Non riesco davvero a ricordare cosa sia. Per la maggior parte di noi, si è trasformato nella scelta delle cose da usare. A volte lo trovo divertente, a volte voglio solo che l’algoritmo lo faccia per me. Conosce il mio gusto meglio di quanto conosca adesso”.
Proprio quello che fanno già oggi gli “algoritmi” che lavorano in Google, Apple, Facebook, Whatsapp, Twitter, usando i dati che noi “liberamente” gli forniamo con il nostro consenso. Macchine con mostruose capacità di calcolo monitorano e “interpretano” tutti i dati che noi consciamente o inconsciamente gli forniamo tramite software e modelli di “intelligenza artificiale” che in qualche modo “indovinano” i nostri gusti e li sfruttano per creare una sorta di dipendenza e di porta d’accesso privilegiata al nostro inconscio e vendere questa capacità al miglior offerente, per invitarci persuasivamente a comprare l’ultimo cellulare o il prodotto di moda.
Come ripeto sempre, il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Tutto questo sfruttamento ipertecnologico ha un limite, che è banalmente il nostro limite di spesa, oltre il quale non si può andare (o se si va, poi si fallisce e il limite di spesa precipita a zero!). Inoltre, questa intelligenza artificiale è pur sempre stata pensata da semplici uomini, fallibili e poco intelligenti come tutti gli altri. Non sono delle menti superiori, anche loro (come i politici, come gli economisti…) sbagliano e quando lo fanno provocano danni “significativi”.
Un esempio? Facebook e Twitter hanno oscurato l’account del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Non solo, hanno chiuso gli account di altre migliaia di persone, che avevano manifestato simpatia o consenso verso Trump; non solo negli Usa, ma in tutto il mondo, anche in Italia. Conseguenza? Milioni di persone si stanno trasferendo su social alternativi (soprattutto su Telegram) e Facebook ha subito un brusco calo sui mercati finanziari. Insomma, tutta la potenza spaventosa di “intelligenza artificiale” non è stata capace di suggerire ai manager di Facebook di non fare una mossa così controproducente.
Ma c’è un altro esempio, che ritengo davvero significativo, soprattutto nell’ottica non tanto di combattere il male (cosa sempre necessaria), ma di costruire il bene (indispensabile, dopo che il male ha fatto i suoi danni). Nel minuscolo comune di Ingria, in provincia di Torino, l’amministrazione comunale ha stampato un po’ di lire e le ha distribuite ai suoi 43 abitanti. Non si tratta di una vera moneta, né di una moneta parallela, ma di un buono sconto utilizzabile pressi i negozi convenzionati, ovviamente negozi del territorio. A ogni abitante sono stati dati 50 lire (cioè buoni sconto equivalenti a 50 euro), l’iniziativa ha avuto successo e tutti si sono detti soddisfatti, tanto che il comune, che ha inviato le lire in occasione del Natale, sta pensando di replicare il gesto ogni anno.
Questo è un esempio concreto, concretissimo, di quel principio di sussidiarietà per cui i livelli inferiori si possono organizzare e la loro organizzazione non deve essere soppiantata da un livello superiore. Invece questa violazione del principio di sussidiarietà è avvenuto, per l’ennesima volta, a livello europeo col noto Next Generation Eu (il cosiddetto Recovery Fund da 209 miliardi dai politici di questo Governo). Infatti, tale somma viene da prestiti che l’Italia avrebbe potuto benissimo prendere da sola, più una parte a fondo perduto che però viene dal bilancio Ue, cioè dai soldi che versiamo noi. Infatti, il saldo tra i soldi che verseremo e quelli che prenderemo (considerando che i prestiti vanno restituiti) è leggermente negativo, cioè continuiamo a essere contributori netti nei confronti dell’Unione Europea.
Ma allora, se di fatto non cambia nulla, perché metterci di mezzo l’Ue? La risposta è semplice, perché di mezzo ci sono le condizioni tramite le quali imporranno nuova austerità, cioè la medesima ricetta che non ha mai funzionato. Ma come detto, il diavolo fa le pentole e non i coperchi…