I mercati azionari sono in grave difficoltà, ma nessuno ne sta parlando, come se fosse una cosa da niente, un colpo di tosse passeggero. Non è così, perché tali recenti discese dipendono da politiche anti-globalizzazione che da tempo in tutto il mondo stanno prevalendo. La verità pura e semplice è che il libero mercato, quello totalmente libero da regole e controlli, soprattutto controlli di Stato, non funziona.



Ricordiamo che per “libero mercato” si intende la libera circolazione di capitali, merci e lavoro (inteso come “libera” circolazione dei lavoratori). E già sull’ultimo punto è facile capire che il sistema scricchiola: perché la circolazione dei capitali si può ottenere con pochi click, per la libera circolazione delle merci ci vuole un attimo di più perché i mezzi di trasporto hanno dei limiti oggettivi, ma buona parte del Pil è fatta dalla circolazione di servizi e quelli spesso si ottengono in pochissimo tempo. Ma come la mettiamo con la libera circolazione dei lavoratori? Questa può essere davvero complicata, perché potrebbero non voler spostarsi. E allora si rimedia spostando la produzione pressi i lavoratori più disponibili (ai bassi stipendi). Però questo apre anche un altro tipo di problema, perché la competenza tecnologica (e a volte pure culturale) non si costruisce in poco tempo.



Il risultato è che, a parte pochi casi particolari, il libero mercato non funziona e nel tempo inevitabilmente produce grosse disfunzioni finanziarie. Basta dare un’occhiata agli indici di borsa per vedere una crescita ininterrotta, come se l’economia reale non avesse alcun problema. Ecco il grafico del tedesco Dax, dal 2011 a oggi, un lasso di tempo nel quale l’indice tedesco ha quasi triplicato il proprio valore.

Le notizie delle difficoltà delle banche tedesche, della crisi economica che non finisce, dei problemi con i dazi Usa hanno provocato il superamento al ribasso di una linea che gli esperti di trading speculativo chiamano “supporto” (linea diagonale in verde) e che tipicamente segna l’inizio di un’inversione. Dopo questo superamento, sembrava avviarsi un recupero, come se fosse stato un falso segnale, ma gli ultimi due mesi (le ultime due barre in rosso) sembrano invece confermare la tendenza ribassista e sembrano puntare decisamente a un’inversione del trend rialzista che dura ormai da otto anni.



Del resto, la tendenza rialzista non poteva durare indefinitamente. Il fatto grave è che questa inversione avviene in un periodo decisamente nero, non solo per l’economia tedesca e per quella europea, ma per tutta l’economia mondiale. E accade in un momento nel quale le armi usate nel passato dalle banche centrali sono ormai armi spuntate, soprattutto nel caso della Bce. La politica dei tassi bassi non rende possibile ulteriori effetti, per il semplice fatto che tali effetti sono già accaduti e si sono esauriti. Per comprendere l’assurdità dell’attuale situazione può bastare la notizia che recentemente una banca danese ha iniziato a offrire mutui per la casa a tassi negativi: alla fine del pagamento rateale si sarà pagata una cifra inferiore a quella presa per il mutuo. In altre parole, le banche hanno tanta liquidità che cerca un qualsiasi impiego da essere disposte a rimetterci del denaro, pur di convincere i clienti a prendere soldi in prestito.

In questo contesto, l’attuale crisi politica arriva al momento giusto per.. il peggio! Come accennato qualche tempo fa sul Sussidiario, io credo che da tempo si stia brigando, sia in Italia che all’estero, per farci arrivare a un Governo Draghi (o qualcuno che sia la sua copia carbone). E il delitto perfetto si attuerà prima con un “Governo tecnico” (poco importa se per istituito per arrivare alle elezioni o per gestire la prossima delicata finanziaria); ma l’aggravarsi della crisi e quindi dei conti pubblici (rispetto agli ottusi parametri di Maastricht e delle idee di “pareggio di bilancio” e quindi di austerità) darà la scusa per istituire un Governo che gestisca la gravità della situazione con brutali tagli alle spese e nuove tasse.

Occorre pure tenere conto che i tre partiti che dovrebbero sostenere tale governo (Pd, M5S e magari pure Forza Italia) da eventuali elezioni subirebbero un brusco ridimensionamento complessivo. Certo, il Pd potrebbe aumentare un pochino (dal 18% al 22%), ma sarebbe una vittoria di Pirro che renderebbe tale successo del tutto marginale e relegherebbe il partito a una sterile opposizione. Infatti, il M5S potrebbe vedere dimezzati i propri consensi.

Oltre a ciò, un buon numero di deputati e senatori grillini sono alla loro prima esperienza parlamentare e dovrebbero cercarsi un lavoro. I sondaggi più recenti danno il M5S al 17%, quasi la metà di quanto hanno preso alle ultime elezioni. Ma dovessero arrivare ai due anni (marzo 2020) potrebbero godere della pensione da parlamentari. Insomma, vi sono troppi motivi (anche se diversi motivi) per tanti soggetti contrari alle elezioni. Quindi avremo un Governo a tempo. E poi, nel pieno della crisi e giustificato dalla crisi, verrà un Governo tecnico d’emergenza, un Governo Draghi, che sarà giustificato con l’emergenza e con l’accusa alla Lega di aver sfasciato i conti.

Non mi resta che ripetere quanto già dico da diversi anni: siamo in guerra, una guerra scatenata dalla classe dei ricchi e dichiarata allora (nel 2006) dallo speculatore Warren Buffett. E in guerra le istituzioni democratiche hanno le armi spuntate o, peggio, sono in mano agli stessi speculatori e fanno i loro interessi. Di questa guerra scatenata contro i popoli in Francia hanno già iniziato a rendersene conto, vedendosi rivoltare contro il popolo (i gilet gialli) quelle istituzioni che dovrebbero operare a esclusivo servizio del popolo. Quando ce ne accorgeremo anche noi? Quando inizieremo a costruire quelle comunità locali per difendere la civiltà e la morale, preannunciate ormai quaranta anni fa dal sociologo MacIntyre nel sul libro “Dopo la virtù”? Quando inizieremo a rendere concreta quella “opzione Benedetto” così tanto caldeggiata anche da papa Benedetto XVI?