E così è finita l’era del governatore Mario Draghi alla Bce. Si è trattato di un periodo storico certamente molto intenso, con diversi colpi di scena e mosse audaci, come il famoso “whatever it takes” del 2012, una sorta di “all in” da consumato giocatore di poker che stava scommettendo sulla difesa dell’euro “a qualsiasi costo”. Ma come mai si è arrivati a quel punto apicale? Voglio usare quel momento storico perché a mio avviso può essere utile per comprendere il nocciolo dell’opera di Draghi in questi otto anni e della Bce ancora prima di Draghi.
Al quel punto apicale si è giunti dopo che, con la crisi del sistema bancario, gli Stati sono dovuti intervenire per soccorrere le banche, mettendo in grave crisi i bilanci pubblici. Un capitolo a parte merita il caso Grecia, che può essere analizzato perché anche quello un caso esemplificativo. Infatti, la Grecia era entrata nel sistema della moneta unica grazie a un pesante abbellimento dei conti, con la consulenza di Goldman Sachs, dove lavorava Mario Draghi (dal 2002 è stato Managing Director, occupandosi delle operazioni di Goldman Sachs in Europa), il quale ha sempre affermato di non essersi mai interessato alla Grecia perché lui si occupava di clientela privata.
Rimane il dubbio: se era tanto esperto di clientela privata, come mai poi è finito nel settore pubblico? O forse la vera domanda è questa: visto che proveniva dallo Stato, come mai con Goldman Sachs è stato dedicato a seguire esclusivamente la clientela privata? Strano, visto che dal 1991 al 2001, quindi per ben dieci anni è stato Direttore generale del Tesoro, quindi ha guidato quel fondamentale ministero nei dieci anni decisivi che hanno portato l’Italia dal Trattato di Maastricht alla nascita dell’euro, un periodo nel quale sono avvenute tutte le maggiori privatizzazioni, quelle di cui si è discusso nel famoso incontro del 1992 sul panfilo Britannia, insieme ai direttori delle maggiori banche speculative internazionali.
Dunque siamo all’esplosione del caso Grecia e alle cure imposte dalla triade Bce, Ue e Fmi. La soluzione è presto detta: privatizzazioni e tagli della spesa per avere sostanziali surplus di bilancio ed essere in grado di pagare gli interessi per i prestiti che si intende concedere. Ma l’operazione è sbagliata, come riconosciuto da tutti, a cominciare dalla Lagarde, allora presidente del Fmi e ora al comando della Bce come successore di Draghi, per finire alle più recenti ammissioni di Juncker, presidente della Commissione europea.
L’operazione come dicevo è sbagliata perché fondata su un assunto sbagliato, uno dei tanti numeretti sbagliati delle istituzioni europee. Il risultato è che il Pil cala pesantemente, in percentuale più alta rispetto a quanto previsto e rispetto ai tagli effettuati. In altre parole, il rapporto debito/Pil peggiora pesantemente e passa dal 130% al 180%. Tale peggioramento esprime tutta la misura di quanto le massime istituzioni internazionali non abbiano capito nulla di economia e finanza (o capendolo hanno applicato comunque la ricetta sbagliata perché alle banche francesi e tedesche conveniva così).
La crisi dunque colpisce gli Stati e di conseguenza si scarica sulle popolazioni; la Grecia è stato l’esempio eclatante ma per tutti è andata in quel modo, anche per i cittadini tedeschi che hanno visto in questi anni la loro ricchezza diminuire per la parte di popolazione più povera proprio mentre lo Stato realizzava surplus di bilancio stratosferici.
E cos’ha fatto la Bce in questi anni per mantenere in piedi la baracca che cadeva a pezzi da tutte le parti? Ha stampato moneta, ha tirato fuori liquidità con i nomi più bizzarri (Lltro, cioè piani di finanziamento a lungo termine, e poi Tltro, dove la prima T sta per “targeted” cioè soldi con un obiettivo, quasi ammettendo che prima li avevano dati a casaccio; poi è finita la fantasia e vi sono stati Tltro 2 e Tltro 3). In altre parole, la Bce non ha fatto niente altro di quello che stava già facendo, cioè stampare fiumi di moneta, prima della crisi 2007 e dopo la crisi: solo in modo più intenso. La medicina è sbagliata, stampare i soldi fa male all’economia, ma loro sanno fare solo quello, l’ideologia monetarista detta solo quella soluzione.
Il risultato ovvio dopo dodici anni di crisi è che la crisi non è passata, ma il quadro è peggiorato brutalmente. Infatti, ci troviamo all’inizio di una nuova fase recessiva, ormai prevista da tutti e iniziata dai numeri relativi al Pil in calo ovunque e alla produzione industriale in territorio negativo, soprattutto in Germania. Ma ci troviamo anche nella situazione di un sistema bancario che non ha risolto per nulla i suoi problemi di stabilità, dato il volume di prestiti non performanti e di perdite sui derivati; in aggiunta i debiti degli Stati sono rimasti pesanti (tranne quello tedesco) e allo stato attuale non è pensabile un intervento pubblico per salvare il sistema bancario. Lo fece l’Irlanda come mossa disperata, ma a sua volta dovette essere soccorsa dalla Bce per non andare in default.
Draghi lascia quindi una situazione pesantissima e irrisolta in eredità al successore Christine Lagarde. Però, a voler cercare una cosa positiva con il lanternino, Draghi ci ha lasciato una certezza grossa come un macigno: la stampa di moneta da sola non genera inflazione.
Qualcuno dirà che si sapeva bene; io stesso ho affermato che si sapeva dai tempi di Copernico (sedicesimo secolo). Eppure ancora nell’anno del Signore 2019 si trovano libri pubblicati da economisti (cattolici) che nell’affannoso tentativo di scardinare la dottrina sovranista ripetono che con la stampa di moneta abbiamo l’inflazione galoppante, abbiamo lo Zimbabwe oppure, nella sua versione più recente, abbiamo il Venezuela.
Viene in mente Chesterton: “La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”. Lui parlava al futuro, parlava di questi nostri tempi.