Il governo italiano eserciterà i golden power su Borsa Italiana, dopo la mega-offerta dell’Hong Kong Exchanges & Clearing sul London Stock Exchange? La suggestione è subito corsa fra Roma e Milano dopo la super-breaking-new deflagrata ieri da Hong Kong a Londra, in una fase critica a tutti i livelli fra finanza e geopolitica.



Di una “uscita di sicurezza” per il Lse – di fatto una “repubblica finanziaria apolide” sempre più minacciata dalla Brexit – si parla da molto tempo negli ambienti finanziari. I rumors si sono naturalmente intensificati dopo il cambio della guardia fra Theresa May e Boris Johnson alla guida del governo britannico e l’apparente escalation verso una hard Brexit. La City di Londra è stata il vero quartier generale del Remain prima del referendum del 2016 e da allora lo è di ogni tentativo di congelamento o addirittura di “cancellazione” di Brexit attraverso un referendum-bis. Nel frattempo la piazza finanziaria londinese (big globale assieme a Wall Street e di per sé una “grande industria” del Regno Unito) ha già sofferto molti leave verso il Continente e altrettanti annunci di trasmigrazione verso Parigi e Francoforte, nel caso di concreto sganciamento britannico dalla Ue.



L’offerta di Hong Kong da 36 miliardi di euro non sorprende nessuno, così come nessuno si stupirebbe se nei prossimi giorni venissero lanciati altri bid (nel gossip erano già entrati i nomi di mega-fondi sovrani o internazionali). La mossa di Hkec è ovviamente già al centro di analisi e speculazioni di ogni natura: strettamente finanziarie (Lse ha affermato che l’offerta è “non sollecitata”, ma che verrà esaminata dal board) sia geopolitiche (in questi giorni l’ex colonia britannica in Asia è al centro della cronache internazionali per il turbolento tentativo del governo di Pechino di annettere pienamente l’enclave nella mainland cinese).



Dall’Italia, naturalmente, vi è un faro acceso in più e tutt’altro che laterale. Lse è infatti dal 2007 la holding di controllo integrale della Borsa Italiana: ceduta a Londra dopo il disimpegno di tutte le grandi banche italiane azioniste (sotto la forte moral suasion della Banca d’Italia di Mario Draghi, già vicepresident della Goldman Sachs a Londra). Già nella prospettiva Brexit – soprattutto mentre è stato in carica il governo gialloverde – negli ambienti politico-finanziari avevano preso a circolare numerose riflessioni e suggestioni. Da un lato non è mancato chi ha ipotizzato che Piazza Affari potesse diventare una “scialuppa di salvataggio” dello stesso Lse per mantenere uno status di piazza finanziaria Ue. Ma – com’era prevedibile – è stato infine il mercato a muoversi: e – almeno dopo l’iniziativa Hkec – il possibile riposizionamento proprietario a monte di Borsa Italiana viene ora potenzialmente riportato addirittura alla Cina della Via della Seta.

Sei giorni fa – poche ore dopo il giuramento e prima ancora di ricevere la fiducia parlamentare – il governo Conte-2 ha esordito esercitando i suoi golden power a tutela dell’utilizzo della tecnologia 5G, di fatto allineandosi alla cautela degli altri Paesi Ue e degli Usa nei confronti dell’espansione del colosso cinese Huawei. Si muoverà ora anche per richiamare la sua parola ultima sul destino di Borsa Italiana? Di una piattaforma ancora attiva nell’intermediare risparmio italiano verso la capitalizzazione delle imprese italiane? Banche, assicurazioni, Fondazioni, Cdp, operatori Ict si volterebbero dall’altra parte? Ed Euronext, il gigante franco-tedesco dei listini?