Sono i giorni di Super Mario. Ma attenzione: non si parla di Mario Draghi, l’ex Presidente della Bce che si è conquistato l’appellativo grazie al “whatever it takes” del 2012, decisivo per salvare l’euro, bensì del protagonista del celeberrimo videogioco che segnò l’avvio della stagione d’oro di Nintendo che, ai tempi della pandemia, fa vendemmia di primati. La casa giapponese è infatti tornata ai fasti del 2008, l’epoca eroica del meccanico virtuale con i baffi, toccando a Tokyo una capitalizzazione di 62 miliardi di dollari, davanti a tutte le banche del Sol Levante, protette, ma anche assai limitate dalla politica dei tassi sotto zero, a prova di fallimenti, ma letali per i profitti.



La parabola di Nintendo torna a fagiolo nel momento in cui l’Europa è tornata a riunirsi per discutere sul Next Generation EU, i 750 miliardi chiesti dalla Commissione Ue ai singoli Stati per affrontare, finalmente compatti, i guasti della pandemia. Un primo passo verso una politica economica efficace a livello comunitario cui contribuirà, in maniera determinante, lo sforzo della Germania che ha ormai ripreso la leadership dell’Europa a 27, con ben pochi rimpianti per la defezione di Londra che, liberata dai “parassiti” europei, varca la soglia del 100% nel rapporto deficit/Pil.



Ma lasciamo i sovranisti di Londra per parlare della madre di tutti i problemi: saranno sufficienti le iniezioni di capitali degli Stati, combinati con il Recovey Fund, per rimettere in moto la crescita? La terapia, seppur obbligata, sarà sufficiente a rimettere in moto l’economia del Vecchio Continente? Oppure, come capita nelle aziende in crisi, per ripartire sarà necessaria una riforma della governance che liberi le energie oggi frenate in mille modi specie nel Bel Paese?

Al di là degli strepiti dei sovranisti di destra e di sinistra sono ben pochi gli italiani fiduciosi che l’Italia, così com’è ridotta oggi, sia in grado di spendere le risorse che prima o poi arriveranno. Sotto sotto, sono in molti (forse la maggioranza) ad augurarsi l’arrivo della famigerata Troika. Una provocazione? Certo, ma anche la sensazione che il Bel Paese, frustrato dai frutti di un malgoverno che va al di là delle formule politiche, chieda un salto di qualità nella costruzione dell’Europa approfittando delle difficoltà della pandemia per imporre un cambio di passo: le risorse, a livello Ue, ci sono. Così come non mancano i temi sensibili (ambiente e lavoro in testa): guai allora a sprecare l’occasione imposta dall’emergenza.



Ben venga il Recovery Fund, ma occorre molto di più per riavviare un ciclo virtuoso. Ci vogliono, a livello Ue, almeno duemila miliardi in infrastrutture fisiche e virtuali per stare al passo con le ambizioni già motivate da Usa e Cina. Come trovarli? Forse la storia, suggerisce l’ex direttore del Fmi Dominique Strauss-Khan, ci indica la soluzione. “Nel 1752 nel Regno Unito così come negli Stati Uniti dopo la guerra di Secessione – dice – si fece ricorso ai bond perpetui, titoli che non prevedono il rimborso del capitale, ma garantiscono una rendita ai detentori”. Ma chi assicurerà i rimborsi? “I capitali necessari saranno forniti mutualmente dagli Stati dell’area”, Un meccanismo molto simile alla proposta avanzata dalla Spagna ad aprile, mai archiviata del tutto. “In questo modo – continua Strauss-Kahn intervistato da Les Echos – sarebbe possibile fare fronte ai 2 mila miliardi necessari per uscire dalla recessione con un costo finanziario assolutamente sopportabile dalla Comunità e con un forte risparmio rispetto a quanto dovrebbero spendere i singoli Stati in assenza di un coordinamento necessario vuoi per l’ambiente, la sanità o la politica del lavoro”.

Paolo Savona, presidente della Consob, ha fatto riferimento ai bond irredimibili che potrebbero riconoscere in interessi, fiscalmente esenti, un rendimento pari al 2% da proporre ai soli italiani. Ma il valore politico di una mossa a livello europeo sarebbe assai alto: la comunione degli obiettivi potrebbe inoltre sterilizzare lo spread, soprattutto se si arrivasse a una guida comune del budget affidato a un arbitro riconosciuto come potrebbe essere Mario Draghi.

Si arriverà mai a una soluzione simile? Mai dire mai in tempi di crisi.

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