Nell’ottobre di quest’anno due alti dirigenti del Credit Suisse hanno rassegnato le dimissioni nel bel mezzo di uno scandalo di spionaggio ad alto rischio, che potrebbe aver provocato un suicidio. Il presunto obiettivo dello spionaggio era Iqbal Khan, ex amministratore delegato della divisione di gestione patrimoniale del Credit Suisse. Khan ha affermato di essere stato spiato da investigatori privati, pagati dal Credit Suisse, dopo aver lasciato l’azienda. Uno degli investigatori privati coinvolti nel caso che viene descritto come “un esperto di sicurezza esterno” si è suicidato. All’epoca, il Credit Suisse descriveva la sorveglianza su Khan come “un incidente strettamente isolato”.
Il 43enne Khan si è trasferito in Svizzera dal suo nativo Pakistan all’età di 12 anni. Nel 2013, dopo aver lavorato per più di un decennio come revisore contabile presso Ernst & Young, è entrato a far parte del Credit Suisse. È rapidamente salito a capo della divisione di gestione patrimoniale dell’istituto e il suo successo gli ha portato un’immensa ricchezza finanziaria. Dopo che Khan ha lasciato il Credit Suisse il 1° luglio di quest’anno per contrasti di natura personale e professionale con un suo collega, il 29 agosto Ubs, rivale del Credit Suisse, ha annunciato che Khan sarebbe stato a capo della divisione di gestione patrimoniale globale.
A questo punto Credit Suisse, temendo che Khan potesse tentare di attrarre i suoi clienti nel suo nuovo portafoglio Ubs, ha spinto il proprio chief operating officer, Pierre-Olivier Bouée, a incaricare il dipartimento di sicurezza della banca di tenere d’occhio Khan.
Secondo quanto riferito, la banca ha assunto una società investigativa privata, Investigo, per monitorare i movimenti di Khan. C’è stata una svolta inaspettata il 17 settembre, quando Khan si è accorto di essere seguito e si è trovato subito di fronte a un dipendente della Investigo nel centro di Zurigo. Lo stesso giorno, l’ex star manager del Credit Suisse ha presentato un reclamo all’ufficio del Procuratore svizzero di Zurigo.
Il 18 settembre, il Credit Suisse ha imposto ope legis a Investigo di smettere di tenere d’occhio Khan. Ha inoltre avviato un’indagine interna per valutare la legittimità della decisione di spiarlo. Nel frattempo, la Procura della Svizzera ha annunciato di aver aperto un procedimento penale su Investigo e di aver arrestato tre persone in relazione al caso.
Nonostante questa vicenda abbia segnato la credibilità del Credit Suisse, l’11 dicembre il Wall Street Journal ha pubblicato le accuse di un altro dirigente della banca, Colleen Graham, che ha dichiarato di essere stata spiata dopo aver lasciato il lavoro presso l’azienda. Ha sostenuto di aver subito tre giorni di intensa sorveglianza da parte di persone sconosciute nel luglio del 2017. Il Credit Suisse ha respinto le affermazioni di Graham, affermando che erano prive di fondamento.
Ma mercoledì l’azienda è stata oggetto di una nuova accusa da parte di un terzo dipendente, che lavorava alle dirette dipendenze del Ceo Tidjane Thiam, che ha affermato di essere stata oggetto di spionaggio. Le accuse sono state fatte da Peter Goerke e sono state oggetto di un articolo del quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung. L’articolo è stato accompagnato da documenti e fotografie presentate da Goerke, che sembrano supportare le sue affermazioni.
Ora si teme che lo spionaggio sia degli ex dipendenti che di quelli attuali possa essere stata una procedura operativa standard posta in essere dal Credit Suisse.