Esattamente come nel 2008, con la crisi Lehman Brothers, e poi con quella del 2011/2012 in questi giorni si percepisce la grande distanza tra le aspettative di chi sta sui mercati, e fa previsioni economiche, e le famiglie e i consumatori. La crisi che sti sta sviluppando ha manifestato solo una piccola parte dei suoi effetti economici. Le imprese sono ancora in piedi, ma gli ordini crollano e i problemi di liquidità diventano insormontabili ogni giorno che passa, i lavoratori senza stipendio riescono ancora a vivere dei risparmi o facendo ricorso alla rete famigliare o del volontariato. Più passa il tempo più questi ammortizzatori si assottiglieranno e soprattutto si manifesterà ancor più chiaramente il dramma della disoccupazione. C’è però una differenza. L’Italia del 2020 è stremata da due recessioni in meno di dieci anni, lo Stato italiano è molto più indebitato e soprattutto la crisi ha una dimensione “globale” che non si era mai vista. Questo significa che anche le migliori imprese esportatrici saranno in estrema difficoltà.



È per questo che le misure messe in atto fuori dall’Italia non hanno precedenti e si concretizzano in contributi a fondo perduto a prescindere dai debiti pubblici, come dimostrano le azioni messe in campo sia dalla Francia che dalla Spagna. Due Stati che non sono affatto messi molto meglio di noi.

L’aspetto più inquietante di quanto stiamo vivendo è questa sensazione di “sospensione”, e poi di un Governo che non ha la percezione della gravità delle cose, come ha dimostrato il ministro dell’Economia Gualtieri che qualche settimana fa stimava l’impatto del coronavirus in qualche punto di Pil.



Sul quotidiano di Confindustria ieri compariva un articolo che dipingeva la situazione attuale come quella che si respira negli Stati appena prima del fallimento, in cui i Governi sono obbligati a mantenere la finzione che “andrà tutto bene” appena prima del botto finale, per poter governare il collasso e per evitare che la gente realizzi quello che sta accadendo. La nostra parafrasi non si distanzia molto dai contenuti dell’articolo comparso ieri sul Sole 24 Ore a firma Forchielli e Scacciavillani. È significativo che un articolo di questo tenore faccia comparsa sul Sole 24 Ore. Il fallimento dello Stato italiano non è un’ipotesi di scuola, ma un tema di cui si discorre sul quotidiano degli imprenditori, oltre ovviamente agli uffici delle banche d’affari o tra i commentatori.



Per questo gli osservatori assistono con sgomento all’ostinazione di un Governo che palesemente non ha la caratura per affrontare il dramma che si sta generando. Non si tratta di partigianeria politica. Ci si chiede quindi con preoccupazione come si possa pensare di gestire quello che arriverà con questa squadra. Purtroppo ci attanaglia un timore, e cioè che le multe a chi protesta, ai negozianti che sbagliano sulle misure di sicurezza o contro gli imprenditori sotto la minaccia di risarcimenti e azioni penali siano una soluzione facile e sbrigativa dietro la quale si nascondono una spregiudicatezza e un cinismo che rischiano di fare malissimo. E noi, terrorizzati e ormai così assuefatti da ringraziare per libertà che fino a due mesi fa erano scontante.

No. Non andrà tutto bene.

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