Difficile dire ora se sui mercati siamo all’inizio della tempesta perfetta. Certo è che ne ha tutte le sembianza. La vicenda della diffusione mondiale del coronavirus ha oscurato la discesa dei mercati avvenuta in questi giorni, ma si tratta di un evento di portata storica.
Sia ben chiaro: la crisi non è mai passata e le iniezioni di liquidità straordinarie sono lì a dimostrarlo, insieme ai dati sul tasso di disoccupazione e sull’accresciuta differenza tra il 20% dei più ricchi e il resto della popolazione, in tutti i maggiori Paesi. E i recenti dati sulla produzione industriale (in Italia, in Germania e in tutta Europa) non hanno fatto che confermare il perdurare della crisi finora nascosto dalla forsennata stampa di moneta operata dalla Bce e da tutte le maggiori banche centrali.
In questo momento critico, il coronavirus sembra aver dato il colpo di grazia mortale all’ideologia della globalizzazione turbocapitalista, ponendo degli ostacoli insormontabili sia al movimento delle persone che delle merci. Improvvisamente ci si è accorti che la globalizzazione sfrenata non solo permette lo scambio di merci (e capitali e persone) con ogni parte del mondo, ma anche lo scambio di virus e di contagi a catena. E uno starnuto avvenuto dall’altra parte del mondo può diventare un tornado che si abbatte su un Paese e un popolo malcapitato che ha tolto ogni riparo alle tempeste del mondo.
Tra qualche tempo vedremo quali sono stati gli effetti del virus sull’economia reale, ma gli effetti sui mercati finanziari si sono visti subito. E il parallelo che in questi giorni circola è quello con i peggiori crolli di mercato. Ecco il grafico di paragone con la Grande Depressione del 1929.
Come si vede, l’inizio dell’attuale crollo è ben peggiore dell’inizio del crollo del 1929. Che l’attuale tondo sia eccezionale è certificato da un altro dato. Il mercato SP500 dai massimi è caduto del 10% in appena sei giornate di trading operativo. Questo è un triste record che ha polverizzato ogni altro record precedente, come mostra il grafico seguente che registra tutte le cadute del 10% verificatesi nella storia, riportando il numero di giorni che ha impiegato a cadere del 10%. Ebbene, l’attuale crollo è il più rapido in assoluto, mentre il secondo posto è del febbraio 2018.
Il problema è che le azioni sono nei bilanci delle stesse aziende, oltre che in quelle delle maggiori banche. Quindi tali bilanci verranno duramente messi alla prova da queste cadute di valore. In teoria la soluzione è quella nota della ricapitalizzazione, ma di questi tempi è una missione praticamente impossibile.
Allora, cosa succederà? Cosa si inventeranno per evitare l’apocalisse finanziaria? La soluzione estrema c’è, si chiama helicopter money e consiste nello stampare denaro e metterlo direttamente nei conti correnti dei cittadini. Ma in Europa l’ideologia imperante impedisce una simile soluzione poiché equivarrebbe a decretare il fallimento di tale ideologia, quella del mercato a tutti i costi. E poi, anche se si arrivasse a questa soluzione, rimane il dilemma fondamentale: a chi addebiteranno il denaro stampato? Agli Stati già oberati da un debito imponente e impagabile senza crescita economica? Con il Mes in dirittura di arrivo la soluzione potrebbe essere questa: caro Stato, diamo soldi ai tuoi cittadini (e ti addebitiamo il tutto), ma tu ti metti a privatizzare tutto il privatizzabile. Una pratica già attuata in mezzo mondo (nel terzo mondo) e che ha già portato a disastri inenarrabili.
E i popoli? Accetteranno supinamente senza fiatare?