L’annuncio del presidente della Federal Reserve Jerome Powell che, entro la fine dell’anno, potrebbe cominciare il tapering – la diminuzione degli acquisti netti di titoli – ha riacceso i riflettori sulla riunione del consiglio direttivo della Bce in calendario giovedì 9 settembre.

Il tapering della Fed dovrebbe essere comunicato a novembre e cominciare all’inizio del prossimo anno. Naturalmente, si tratta di attese di mercato su cui inevitabilmente peserà l’evoluzione della congiuntura, a partire da quella del mercato del lavoro, che peraltro, in agosto, ha prodotto risultati inferiori alle attese.



La Bce, tuttavia, seguirà una strada diversa riflettendo le condizioni, diverse, dell’Eurozona, che recupererà i livelli di attività pre-pandemica solo nel prossimo anno. Da Francoforte, infatti, inquadrano il rialzo nei recenti dati del Pil, che hanno registrato per l’Italia una crescita annualizzata del 4,7% nell’ultimo trimestre, come un rimbalzo ‘tecnico’ che segue, sempre per l’Italia, una caduta dell’attività particolarmente pronunciata, soprattutto rispetto alle altre economie che compongono l’Eurozona.



La stessa chiave di lettura si applica ai dati di inflazione che, come quelli della crescita, hanno fatto registrare un significativo rialzo rispetto ai trimestri precedenti, pur attestandosi poco sotto il target del 2 per cento. Del resto, la Bce riconosce apertamente che il metro da utilizzare per valutare l’evoluzione della congiuntura economica sia il ritorno al livello pre-pandemico e questo si dovrebbe materializzare solo nel prossimo anno.

Il quadro sarà più chiaro proprio in conclusione della riunione di giovedì, quando l’Istituto di Francoforte pubblicherà le sue previsioni sulla crescita del Pil e dell’inflazione. L’aspettativa è che le previsioni confermino una dinamica di crescita ma che, soprattutto per quanto riguarda l’indice dei prezzi, tendano a ridimensionarsi rispetto al rimbalzo tecnico osservato nell’ultimo trimetre. Pertanto, il quadro previsionale non dovrebbe far scattare i freni di emergenza legati a una ricalibrazione significativa del Pepp, il programma straordinario di acquisto di titoli varato per contrastare l’effetto deflazionistico della pandemia. Rispetto alle indicazioni che verranno rese note a giorni, l’aspettativa è che gli acquisti netti di titoli si manterranno su livelli consistenti, anche se probabilmente inferiori a quelli osservati negli ultimi due trimestri.



Sullo sfondo rimane la durata del Pepp, la cui scadenza è prevista a partire dal prossimo marzo. Su questo, è probabile che la presidente Christine Lagarde verrà messa sotto pressione dalla stampa o, decidendo di giocare d’anticipo, lo stesso consiglio direttivo fornirà qualche input giovedì. In ogni caso, al più tardi entro dicembre, dovrà chiarire il futuro di questo programma di intervento, il rientro dal quale verrà gestito con gradualità, come hanno già dichiarato a Francoforte, alludendo che l’Eurotower seguirà con attenzione il mercato secondario dei titoli di Stato, pronta a intervenire se le sue condizioni dovessero deteriorarsi.

In prospettiva, l’attenuazione della stance iper-espansiva della politica monetaria pone con sempre maggiore urgenza la ridefinizione dei vincoli del Patto di stabilità e crescita, temporaneamente congelati sino al prossimo anno, ma non oltre.

@domeniclombardi