Nell’articolo del 3 maggio scorso abbiamo visto come per aiutare la ripresa dell’economia in questa fase e dopo l’emergenza coronavirus sarà fondamentale la funzione della consulenza finanziaria prestata a privati, famiglie e imprese da parte di intermediari e consulenti. Una consulenza finanziaria che in Italia è prestata da diverse figure di professionisti e società, gestita, regolamentata dall’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti finanziari, che prevede al suo interno tre distinte sezioni dove sono iscritti i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (gli ex promotori finanziari), le società di consulenza finanziaria e i consulenti finanziari autonomi.



Queste due ultime sezioni riguardano appunto la consulenza finanziaria indipendente, con le scf e i consulenti finanziari “autonomi”, divenuta pienamente operativa e regolamentata il 1° dicembre 2018, in un contesto normativo che ne ha finalmente riconosciuto il loro ruolo e la legittimità, e ha rappresentato nel corso del 2019 l’indubbio elemento di novità e l’inizio di una nuova fase. Il 2020 si presenta come un anno che servirà a far conoscere meglio agli investitori questo nuovo modello di advisory in un mercato che procederà necessariamente a rilento, duramente provato dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica e sociale.



Perché il pieno sviluppo della consulenza finanziaria indipendente può essere e diventare un fattore importante di stabilità, trasparenza dentro questa tempesta? C’è in Italia un mercato per la consulenza indipendente? Sì, esperti del settore stimano che nei prossimi cinque anni la quota di mercato per la consulenza indipendente raggiungerà il 10% delle masse complessive in gestione oggi al sistema bancario e delle reti distributive. Proviamo quindi a fornire alcune caratteristiche e alcuni elementi essenziali per una corretta conoscenza di questo modello, ancora sconosciuto a gran parte del mercato e alla maggioranza degli investitori.



Chi è il consulente finanziario autonomo? Questa figura, intesa sia come persona fisica, sia come parte integrante di una società, va inserita nel novero delle professioni intellettuali. Come un commercialista o un avvocato, opera in assenza di conflitti di interesse, senza “toccare” il denaro dei clienti che rimane presso la banca o gli intermediari di loro fiducia, fornendo le proprie raccomandazioni personalizzate e prestando un servizio remunerato esclusivamente dal cliente. Non può, per legge ed eticamente, ricevere alcun compenso da nessun intermediario come banche, sgr, sim o compagnie assicurative. Questi professionisti prestano esclusivamente consulenza e assistenza ai loro clienti accompagnandoli in tutte le scelte di carattere patrimoniale, finanziario ed economico.

La maggiore trasparenza richiesta dalla Mifid 2 consente agli investitori di conoscere il vero costo dei servizi bancari e finanziari attraverso le lettere di rendicontazione, tutto ciò va nella direzione dei principi della consulenza indipendente. Questo professionista operando in assenza di conflitto di interesse non vende e non distribuisce prodotti e ha quindi la possibilità di consigliare qualunque prodotto o strumento vantaggioso ed efficiente presente sul mercato, svolgendo analisi approfondite sugli investimenti esistenti e predisponendo le strategie di investimento più adeguate per il raggiungimento del corretto livello di rischio e di protezione adeguata del patrimonio. Il servizio è rivolto sia a investitori privati, sia ad aziende, come anche a clientela istituzionale.

È quindi l’avvio di un processo estremamente importante, soprattutto per i risparmiatori italiani che potranno finalmente scegliere a quale tipo di consulente affidare i propri patrimoni e beneficiare di un servizio di consulenza slegato dal sistema distributivo.

Abbiamo già ricordato che l’ultimo rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane evidenzia come 4/5 degli intervistati non sa come viene remunerato il proprio consulente o addirittura pensa che il servizio di consulenza sia gratuito. Il 50% degli investitori interrogati, di qualsiasi età, provenienza geografica, classe sociale e livello di istruzione, è disposto però a pagare una parcella per un servizio di consulenza finanziaria slegato dalla distribuzione. Una finestra straordinaria per il modello fee only. Un’indipendenza soggettiva, ossia non solo il servizio che il consulente presta al cliente, ma il consulente stesso, un requisito strutturalmente previsto dalla normativa per il cui venir meno si può essere radiati dall’Albo.

Il quadro contrattuale dell’operatore delle reti è sostanzialmente predeterminato, standardizzato. Quello dell’operatore indipendente è tutto da creare e personalizzare. Il professionista deve definire la propria practice, i propri servizi, in quale modo si rapporta al cliente, in quale modo farsi pagare.

Per il consulente finanziario indipendente l’unico valore è quello della consulenza stessa.

Sta crescendo in Italia il numero di professionisti che erogano un servizio di consulenza su base indipendente. Con lo sviluppo della tecnologia e dei sistemi di regulatory tech la professione è alla portata di un’ampia fascia di persone che hanno lavorato sinora per banche “private”, per le reti commerciali o nell’area corporate, Pmi degli istituti di credito e dei gruppi bancari.

Una consulenza di qualità, la formazione e l’autoformazione si rendono necessarie per il consulente finanziario indipendente con anche uno scopo sociale: essere educatori finanziari all’interno del mercato. Associazioni professionali per questi lavoratori ma anche e soprattutto il sindacato che guarda con grande attenzione e con un interesse collettivo all’affermazione di questo modello, perché più attori in gioco rendono il mercato più trasparente, più libero e democratico. La Felsa Cisl in particolare, che ha la rappresentanza del lavoro autonomo di tutte le professioni del settore finanziario con questa tipologia di lavoro, attraverso vIVAce, un’associazione e community di lavoratori indipendenti e delle nuove professioni, offre a questi professionisti un’interlocuzione istituzionale, una tutela e servizi attraverso politiche e la costruzione di un welfare ad hoc.

Per tornare alla consulenza finanziaria indipendente, siamo in ritardo di almeno dieci anni rispetto ad altri Paesi finanziariamente più evoluti del nostro. Basti pensare che negli Stati Uniti un americano su due si rivolge a un consulente indipendente per pianificare le proprie scelte finanziarie. In Inghilterra la Retail Distribution Review del 2013 ha accelerato il passaggio verso un modello più trasparente, governato da logiche che servono l’interesse ultimo degli investitori.

Guardando il rovescio della medaglia chissà se questo nostro ritardo rappresenta un’occasione unica per affermare un modello più trasparente, aperto e sano di mercato finanziario in Italia?