Nel suo discorso al mercato, pronunciato in occasione della Relazione annuale 2019, il Presidente della Consob, Paolo Savona, ha toccato – a mio avviso – temi di fondamentale importanza. Il discorso è assai articolato e complesso, quasi una lectio magistralis e, naturalmente, io non ho le competenze per entrare nel dettaglio; tuttavia, offre alcuni spunti molto significativi, che sarebbe un peccato lasciar cadere.



Innanzitutto, la crisi in corso è profondamente anomala rispetto al passato, non essendo stata causata da disfunzionamenti finanziari o economici, ma da fattori esogeni: una pandemia, che ha colpito il soggetto dell’economia, l’uomo, con conseguenti ricadute sulla produzione, sui consumi e sull’occupazione. La politica monetaria messa in campo dalle banche centrali ha consentito di reagire per il momento allo shock economico e finanziario, soprattutto a sostegno dei debiti sovrani, repentinamente accresciuti, come nel caso dell’Italia. Ciò ha sancito la posizione predominante delle autorità monetarie, che dispongono di strumenti potenti ed efficaci (creazione di moneta e variazione dei tassi di interesse), originariamente pensati per regolamentare l’inflazione ed evitare che, ove incontrollata, diventi una sorta di tassa occulta.



Agendo con grande rapidità, gli istituti centrali hanno affrontato la situazione di crisi globale, di fatto, subentrando all’autorità politica: “In punto di teoria – scrive Savona -, il compito di sanare le crisi che comportano nuovi costi per la collettività dovrebbe gravare sulla politica fiscale, ma, in pratica, la difficoltà e la lentezza delle sue decisioni e della loro attuazione chiamano in causa la politica monetaria, che ha anche il vantaggio di poter intervenire in modo dinamico e teoricamente illimitato. Ne consegue che il sistema finanziario e quello reale tendono a dipendere dagli orientamenti e dalle attuazioni pratiche della politica monetaria, condizionando la politica fiscale, che dispone di fondamenti democratici più ampi e profondamente radicati rispetto al controllo dell’inflazione. L’ideale sarebbe di consentire all’insieme delle politiche monetarie e fiscali di cum-petere, concorrere allo stesso fine, ossia integrare o correggere le forze del mercato reale assicurando prezzi stabili per garantire, in condizioni di libertà, la crescita del reddito, dell’occupazione e del benessere sociale“.



L’intervento monetario sempre più massiccio, se, da una parte, serve a garantire la stabilità finanziaria, dall’altra erige un recinto intorno ai mercati finanziari, che diventano sistemi chiusi in se stessi, senza aperture né verso l’economia reale, né verso la capacità reddituale delle persone (singoli e famiglie): “[…] Vi è il rovesciamento della direzione di causalità tra l’azione politica e quella del mercato – prosegue Savona – a favore di quest’ultimo, impedendo alle due istituzioni fondamentali per il buon funzionamento delle società, ancor prima delle economie, di esercitare tra loro un reciproco controllo: quello di redistribuire il reddito, funzione tipica delle democrazie, e quello di produrlo e commutarlo, propria dell’economia produttiva; uno scambievole condizionamento è indispensabile per la sperimentata fallibilità dell’una e dell’altra attività nel perseguire la stabilità economica e la piena occupazione per dare vita a una società più equa“.

Così l’andamento delle borse è sempre più legato alle attese sulle reazioni delle banche centrali, che alle prospettive economiche, come dimostra il ritorno di alcuni mercati ai livelli pre-Covid nel giro di pochi mesi, ignorando le dimensioni della crisi occupazionale che si sta generando a livello mondiale; e l’industria del risparmio gestito si sta orientando verso la creazione di strumenti alternativi per raccogliere parte del risparmio tradizionale e reindirizzarlo verso l’economia reale.

È fondamentale, osserva Savona, “definire e attuare un nuovo assetto istituzionale che prenda in considerazione e sciolga la dipendenza tra le diverse politiche e i comportamenti dei mercati, finalizzandoli alla crescita del reddito e dell’occupazione, che resta la più efficace forma di protezione del risparmio“, conclusione alla quale aggiungerei la necessità di avviare una vera riflessione sull’organizzazione delle democrazie parlamentari, dove la lentezza dovuta a blocchi decisionali e ideologici rischia di essere pagata a caro prezzo. Per quanto riguarda l’Europa, mi sembra essere il senso – più o meno consapevole – del monito frequentemente ripetuto alla Bce, per sollecitare politiche fiscali da parte degli Stati membri, senza le quali la catena di trasmissione degli interventi monetari al tessuto economico non funzionerebbe.

Avere una politica forte, dotata di visione e capacità decisionale responsabile alle soglie di un periodo davvero unico, almeno quanto a risorse che si intende mobilitare, siano esse attinte dal risparmio degli italiani attraverso l’emissione di obbligazioni irredimibili (come vorrebbe Savona), ovvero a fondi europei, Mes o Recovery Fund, diventa cruciale per non rassegnarsi alla decrescita, se felice o infelice non saprei, che alla fine diventa miseria, senza dubbio infelice.