L’antivigilia di Natale, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha pubblicato on line un interessante “focus”, curato da tre componenti dell’ufficio (Alexandre Lucas Cole, Lucio Landi e Gianluigi Nocella) sulle strategie di finanza pubblica dei Paesi dell’unione monetaria quali si ricavano dai Documenti programmatici di bilancio (Dpb) presentati l’ottobre scorso alla Commissione europea. È un lavoro di circa trenta pagine corredato da grafici e tabelle, in linguaggio chiaro ed eloquente, redatto, naturalmente, in modo asettico e felpato. Non ha attirato attenzione sulla stampa quotidiana, ma rappresenta un utile studio per comprendere la fragilità di finanza pubblica dell’Italia.



Sin dai paragrafi introduttivi, dedicati ai disavanzi nominali, è apparente che nell’eurozona in cui in media nel 2020 il disavanzo nominale sarebbe pari allo 0,8% del Pil, l’obiettivo di disavanzo dell’Italia (2,2% del Pil) sarebbe il secondo più elevato (dopo Cipro – 2,7% del Pil). In termini di saldi nominali, l’Italia dovrebbe registrare una variazione media annua attesa nulla, maggiore dei Paesi dell’area dell’euro e minore dei paesi che nel 2018 non avevano raggiunto l’Obiettivo a medio termine (Omt) di finanza pubblica.



Tuttavia, l’obiettivo di avanzo primario dell’Italia nel 2020 è l’1,1 % del Pil, maggiore della media sia dei Paesi dell’area dell’euro che dei Paesi che nel 2018 non avevano raggiunto l’Omt. L’analisi dell’Upb non lo dice, ma si tratta di un saldo primario, da un lato, inferiore a quanto sarebbe necessario pur per una lentissima e graduale riduzione del debito pubblico; occorre, inoltre, vedere se, a fronte di nuovi (e inattesi quando in ottobre è stato redatto il Dpb dell’Italia) impegni per crisi industriali (Alitalia, ex-Ilva) e finanziarie (Banca Popolare di Bari), l’obiettivo di un saldo primario pur pari solo a un modesto 1,1% del Pil verrà realizzato. Tanto più che nel biennio 2019-2020, l’obiettivo del saldo primario dell’Italia riporta un peggioramento medio annuo (0,2 punti percentuali).



Secondo il Dpb, l’Italia dovrebbe registrare nel 2020 il secondo debito pubblico più elevato dopo la Grecia (135,2% di Pil rispetto al 167,8% della Repubblica Ellenica) dell’area dell’euro. La Grecia è, però, il Paese con la maggiore riduzione annua media attesa (6,7 punti percentuali di Pil) e l’Italia, invece, stima il quarto aumento medio annuo (0,2 punti percentuali di Pil) più elevato. Secondo la Commissione europea, il Belgio, l’Italia e la Finlandia sono gli unici Paesi dell’area dell’euro dove il rapporto tra il debito e il Pil è programmato ad aumentare nel 2020 rispetto all’anno precedente mentre in Francia esso rimane stabile. In Italia, ciò è dovuto principalmente allo sfavorevole effetto snowball, vale a dire la differenza tra costo medio del debito e crescita nominale del Pil, quest’ultima la più bassa dell’area dell’euro.

Negli altri Paesi, al contrario, l’effetto snowball è favorevole, ma viene più che controbilanciato dai persistenti disavanzi primari in Francia e, in maniera meno evidente, in Finlandia; in questo Paese, come in Belgio, vi è inoltre un impatto particolarmente sfavorevole dell’aggiustamento stock-flussi, vale a dire delle componenti di aumento del debito che non sono contabilizzate nell’indebitamento netto della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda il debito pubblico, la media dell’area dell’euro dovrebbe passare dall’87,8% del Pil nel 2018 all’85,3% nel 2020, mentre la media dei paesi che non avevano raggiunto l’Omt nel 2018 dovrebbe passare dal 106,4% del Pil nel 2018 al 105,6% nel 2020.

L’aggregazione dei dati dei Dpb 2020 indica per l’area dell’euro, a fronte di un output gap leggermente positivo, un impulso di bilancio appena espansivo nel 2019, che si intensifica – seppur in misura modesta – nell’anno successivo, essenzialmente per effetto di un più largo utilizzo, da parte della Germania, dello spazio di bilancio a disposizione. In entrambi gli anni, quindi, la fiscal stance assumerebbe un orientamento più espansivo rispetto a quello ritenuto appropriato dall’European Fiscal Board (Efb); ciò può essere in parte giustificato dal peggioramento delle previsioni relative al contesto macroeconomico rispetto a quelle formulate al tempo delle valutazioni dell’Efb.

La Germania e l’Olanda continuano rispettare più del dovuto i rispettivi Omt. Nel 2019, il rapporto tra il debito e il Pil di entrambi i Paesi si colloca al di sotto della soglia del 60% e continuerà a calare nel 2020. A entrambi la Commissione europea ha raccomandato di utilizzare gli spazi di bilancio disponibili per rilanciare gli investimenti. L’Eurogruppo ha condiviso le raccomandazioni della Commissione e si è detto soddisfatto che Germania e Olanda abbiano predisposto piani per utilizzare nel 2020 parte delle risorse disponibili, al fine di rafforzare la crescita e gli investimenti, pur preservando la sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche.

Questo quadro mostra, a tutto tondo, le fragilità con cui la finanza pubblica italiana chiude il 2019 e apre il 2020. Sarebbe necessario cambiare strada. Ad esempio, elaborando un programma triennale di finanza pubblica quale quello proposto di recente in un articolo di Giorgio La Malfa mirato a ridurre la spese di parte corrente poco produttive e a rilanciare invece le spese in conto capitale per investimenti pubblici valutati oculatamente per la loro redditività economico-sociale, nonché per i loro effetti e impatti. In tal modo, da un lato si conterrebbe il disavanzo sia soprattutto si darebbe una volta alla crescita. Il barcollante e litigioso Governo giallo-rosso può fare una virata del genere?

Buon anno a tutti.