Ogni mattina prima delle aperture dei mercati “europei” Bloomberg suggerisce ai propri lettori “cinque cose che bisogna sapere per iniziare la vostra giornata” (Five Things You Need to Know to Start Your Day). È un appuntamento mattutino che migliaia di investitori leggono prima di aprire i giornali.



Ieri mattina Bloomberg dava conto ai propri lettori virtuali di un “senatore populista” italiano che, “su ispirazione della Brexit”, ha lanciato un partito politico con l’obiettivo di far uscire l’Italia dall’Unione europea e dall’euro. La breve pillola si chiudeva facendo notare che il “nuovo partito” inizia appena qualche giorno la firma del Recovery fund. È uno spunto che siamo certi molti investitori hanno letto e immagazzinato per le prossime settimane nonostante l’apparente incoerenza con il “Recovery fund”.



A prima vista la novità potrebbe essere interpretata come una “boutade” che non ha spazio tra le opzioni veramente possibili. La realtà per gli investitori è diversa. Le contraddizioni politiche e economiche all’interno dell’Unione europea sono aumentate non sono diminuite. Sono contraddizioni diverse. La prima è economico-finanziaria ed è riscontrabile nell’ampia forbice di performance di Pil che ci sarà nel 2020 e nei prossimi anni tra Paesi del sud e Paesi del nord; la divaricazione tra andamento economico dei Paesi membri, come dopo ogni crisi, in Europa si amplierà. La filosofia dell’Europa è sempre la stessa: fare il minimo per salvare l’euro. L’unica differenza è che il minimo diventa, a ogni crisi, sempre più grande. Le contraddizioni però non vengono risolte. Lo “statalismo” europeo e ancora di più italiano non fanno che peggiorare la situazione.



Le “seconde” contraddizioni sono politiche. La divisione tra Paesi dell’est e dell’ovest, sull’immigrazione per esempio, è maggiore rispetto a dieci anni fa e lo stesso si può dire sui rapporti con i Paesi extraeuropei a partire dalla Cina per finire nel Mediterraneo.

Per i “mercati” il Recovery fund non risolve i problemi strutturali dell’euro; è una sorta di camicia di forza, una pezza, che risolve i problemi immediati ma che nei fatti impedisce alla pressione di sfogarsi facendo aumentare l’entropia del sistema. L’Europa avrebbe bisogno di molto altro e, probabilmente, di un decennio di relativa tranquillità finanziaria e geopolitica.

I mercati a queste considerazioni aggiungono le scottature rimediate dalla politica negli ultimi anni. La Brexit doveva essere impossibile; l’elezione di Trump era impensabile. Gli esiti politici hanno sorpassato di molto le previsioni che si potevano fare estrapolando le situazioni di partenza.

La crisi economica e finanziaria, le tensioni geopolitiche aumentano l’entropia dell’area euro; il Recovery fund mette una pietra su una pentola a pressione che continua a bollire. La crisi da coronavirus non ha ancora manifestato i suoi effetti che cominceranno a diventare evidenti dall’autunno. Ci sono tutti i presupporti per costruire uno “scenario” in cui questo partito diventa reale non tanto per gli italiani, che ancora non sanno che esiste e di cui non parlano, ma per i mercati semplicemente perché è nell’ordine delle cose possibili.

Nei prossimi mesi questa novità potrebbe sgonfiarsi o prendere corpo, ma oggi importa poco. Importa, appunto, che sia realistica e che il successo di questo partito possa diventare qualcosa di misurabile. È una scommessa sulla capacità del Governo italiano di rispondere efficacemente alla crisi rilanciando le imprese e sull’Europa di evolvere. Potrebbe non essere una cosa di domani e magari nemmeno di dopodomani. A marzo 2021 ci saranno, per esempio, le elezioni olandesi. Sarà uno dei primi e più importanti test sul sentimento “europeista” in Europa. Non escludiamo sorprese, né improvvise accelerazioni. Nel frattempo i mercati cominciano a metabolizzare alcuni possibili esiti in Italia.

La pillola di Bloomberg dovrebbe, quantomeno, rappresentare una spia rossa rispetto alla narrazione che abbiamo sentito nell’ultima settimana. Per gli investitori sicuramente si è accesa.

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