I recenti dati Usa sulla crescita dell’inflazione fanno presagire un periodo prossimo futuro denso di nubi scure. Il costo della vita negli Usa è cresciuto del 5,4% e questo dovrebbe portare la Fed a un rialzo dei tassi di interesse; il problema è che l’economia dopo la pandemia non si è ripresa e trovandosi ancora impantanata non vede nemmeno la fine della pandemia.



Che fare? Se la Fed rimane immobile, il rischio è quello di un’inflazione fuori controllo o comunque tanto robusta da portare alla fame tantissime famiglie già oggi sull’orlo della disperazione. Se invece aumenta i tassi e rende meno facile l’accesso al credito, a soffrire saranno i mercati finanziari e quindi le banche, fortemente esposte per sostenere le aziende quotate in borsa.



Di fatto la Fed è in un vicolo cieco, ma lo è da tempo e ci si è cacciata da sola evitando di risolvere alla radice quei problemi che sono stati prima la causa della crescita abnorme dei mercati finanziari e poi, quando questi sono entrati in crisi, la causa della crisi economica.

La folle stampa di moneta per coprire il fallimento dell’ideologia è la soluzione finora praticata senza discussioni, come si fosse un “potere” naturale e come se non vi fosse alcuna ipotesi di abuso di questo potere. E questa è la stessa “soluzione” praticata e fortemente voluta dalla Bce, senza saper porre altre soluzioni.



Qual è il nodo cruciale? Il nodo è stato ben espresso da Draghi nel 2012, quando proclamò il suo famoso “whatever it takes”, cioè “costi quello che costi” (si riferiva al fatto che avrebbe fatto di tutto per salvare l’euro). Lo ha detto chiaramente, ma non ha mai detto “quanto” costa e “chi” paga quei costi. È dato per scontato (perché non siamo certo così ingenui) che pagheremo noi il costo di aver salvato l’euro, si vorrebbe sapere quando ce lo ha chiesto, quando da noi ha ricevuto quel mandato e quando gli avremmo dato l’approvazione per il suo bel progetto.

Questo riguarda il passato, però è un tema sempre attuale perché è lo stesso tema che riguarda il tanto celebrato Recovery Fund (o altrimenti detto Next Generation Eu). Stendiamo un velo pietoso sulla tempistica in totale ritardo (è appena arrivata la prima trance di 25 miliardi, per il resto si vedrà il prossimo anno) e ripetiamo la domanda: chi paga, visto che nulla è regalato?

Intanto l’economia reale va a rotoli, sia per i piccoli stremati dalle folli decisioni dei governi per fronteggiare la pandemia (una pandemia la cui incidenza è stata aumentata dall’ottusa decisione di tagliare risorse alla sanità negli scorsi anni), sia per le grandi aziende, che non avendo previsto la follia di questi mercati globalizzati privi di regole, ora si trovano in gravissime difficoltà.

Un esempio? Toyota ha annunciato di aver fermato la produzione di veicoli in Giappone e di aver previsto la riduzione del 40% di auto per Usa ed Europa, a causa della mancanza di semiconduttori, indotta dalle ridotte capacità di trasporto dovute alla pandemia. In un settore sempre più invaso dall’elettronica e dall’informatica (un meccanico non sa più dove mettere le mani sui nuovi modelli, deve collegare il proprio computer portatile per sapere dalla centralina dell’auto dov’è il guasto) la riduzione del traffico delle merci internazionali ha portato a questo problema imprevisto, per cui i componenti elettronici non riescono ad arrivare dalla Cina e la produzione di auto si sta fermando in tutte le maggiori case automobilistiche.

Ma questo problema si rifletterà inevitabilmente anche sull’indotto, con conseguenze devastanti sull’occupazione e sulla crescita del Pil. Sapete di qualche Governo che si stia occupando del problema? Io no; né di questo né di altri problemi in altri settori, per esempio nel settore alimentare. Sarebbe molto bello se mi sbagliassi, ma nel frattempo ho aumentato la scorta di generi alimentari non deperibili nella mia cantina.

Nel frattempo, cos’è venuto fuori da Jackson Hole? Si inizia a parlare di tapering, cioè della graduale diminuzione del Qe, cioè di un minore afflusso di denaro per il sistema finanziario. Si tratta solo di un’ipotesi, da verificare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con l’uscita dei dati finanziari relativi a crescita e occupazione, i due indicatori di riferimento per la Fed. Ma è ancora una ipotesi tutta da verificare, soprattutto in un periodo in cui le scelte dei governi sono dettati anche dal possibile (probabile?) prosieguo della pandemia. E questa non è una valutazione, poiché lo stesso Powell ha parlato del Covid-19 e della variante Delta come fenomeno da valutare. In ogni caso ha lasciato capire che per l’altro strumento in mano alla Fed, cioè il rialzo del tasso di interesse, occorrerà aspettare ancora e non dipenderà dal tapering ipotizzato per la fine di quest’anno.

In ogni caso, nulla di particolarmente nuovo per l’economia reale e questo è l’aspetto peggiore. Questo è il vicolo cieco nel quale si è cacciato chi governa la moneta e la finanza: non hanno soluzioni per l’economia reale.

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