“Arrivano i nostri”. Così titola Bloomberg la notizia che almeno quindici navi gasiere (gas liquefatto) si stanno dirigendo verso l’Europa. Altre venti navi sembrano attraversare l’Atlantico, ma non hanno ancora dichiarato le loro destinazioni finali. In questo modo gli arrivi statunitensi aiuteranno a compensare i minori flussi dalla Russia, primo fornitore europeo che hanno provocato un’impennata dei prezzi e i primi vuoti nel servizio.



Sull’onda di questi arrivi i prezzi del gas cadono in ribasso di un altro 20%. In tre sedute il prezzo è passato da 187 a 107 euro. La crisi, dunque, sembra rientrata. Ma restano le tensioni con Mosca sull’Ucraina su cui si è inserito questo episodio da Guerra Fredda, ennesima manifestazione di un finale d’anno ricco di dubbi e di incertezze che ha consumato anzitempo il capitale di ottimismo emerso con la scoperta dei vaccini.



Sono emersi non pochi problemi da quando dal Sudafrica è spuntata la variante omicron: la pandemia, seppur meno mortifera, resta ancora temibile; l’inflazione erode il potere d’acquisto; sui mercati finanziari sono in arrivo politiche monetarie e fiscali meno favorevoli. Senza dimenticare gli scricchiolii in arrivo dalla Cina, tra crisi del settore immobiliare e frenata dei titoli tecnologici, o le tensioni geopolitiche a rischio di sfociare in crisi e l’Europa sull’orlo di una crisi energetica che mette a rischio i buoni propositi “verdi”.

Tante nuvole occupano i cieli di Natale. Ma i mercati finanziari hanno deciso lo stesso di far festa. L’indice S&P 500, il più significativo di Wall Street, è sui massimi di sempre. Piazza Affari s’avvia a chiudere l’anno con un rialzo del 25% circa. E le note positive, con l’eccezione della Cina, riguardano un po’ tutte le piazze. E non potrebbe essere altrimenti se pensiamo che, dallo scoppio della pandemia in poi, sui mercati sono piovuti 32 miliardi di dollari liquidi per scongiurare la paralisi del credito. Questi capitali (800 milioni di dollari al giorno), si sono tradotti in un gigantesco aumento delle capitalizzazioni dei mercati, pari a 60 mila miliardi di dollari. La pioggia di denaro a costo quasi zero ha pompato il valore degli assets di ogni tipo alimentando l’inflazione a danno dell’eguaglianza.



Ma non mancano le note positive: la congiuntura, pur in frenata, è sotto controllo. L’Italia promette di crescere l’anno prossimo del 4,3%, nonostante la mini-recessione che potrebbe colpire la Germania, al centro dei problemi della transizione verso l’auto elettrica. Negli Usa i dati confermano la solidità della ripresa. Dalle spese per i consumi in rialzo nonostante l’aumento dei prezzi alle vendite di nuove case (+12,4% a novembre). Una nota d’ottimismo è dunque giustificata: l’economia globale è tornata sui livelli pre-pandemici con una crescita che, pur ridimensionata, rimane comunque buona. I problemi arriveranno più avanti, una volta esaurita la spinta propulsiva della liquidità destinata a sorreggere i listini almeno fino a metà anno. Ma la sensazione è che per i Governi e le Banche centrali la preoccupazione per la crescita dell’economia rimarrà prioritaria rispetto a quella per l’inflazione. E se la stretta si rivelerà troppo robusta, ci sarà sempre tempo per tornare indietro.

Insomma, sarà una navigazione complicata, ricca di incertezze e incidenti di percorso, ma l’ottimismo delle Borse (che in genere non sbagliano) ha più di un fondamento. Buon Natale.

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