Una telefonata tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini ieri ha evitato un nuovo scontro nella maggioranza sul decreto sblocca-cantieri. In base all’accordo raggiunto, verranno sospesi per due anni alcuni punti del codice appalti. Il leader della Lega, in mattinata, aveva replicato alle parole di Giuseppe Conte, che aveva chiesto ai due soci della maggioranza di decidere se far proseguire l’azione di Governo, spiegando ai microfoni di Rtl 102.5 che ha intenzione di andare avanti, ma “se fra 15 giorni non è cambiato niente, allora è un problema”. “Conte da tempo non è più arbitro e potrebbe anche diventare il futuro leader del Movimento 5 Stelle, che ha bisogno di un profilo moderato per sostituire Di Maio. Al momento comunque i pentastellati non vogliono prendersi la colpa della caduta del Governo, vogliono che se la addossi Salvini”, ci dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Da parte sua Salvini ha in effetti già posto delle condizioni, chiedendo una svolta entro 15 giorni…
Questo darà modo a Conte di poter dire che la fine dell’esperienza di Governo è dovuta a Salvini che chiede cose impossibili a livello europeo-finanziario o non digeribili per il Movimento 5 Stelle. A quel punto ci sarebbe il problema delle elezioni. E qui casca l’asino.
Perché?
Perché la Lega avendo molti voti a disposizione può inglobare persone provenienti da altri partiti, ma questo potrebbe rappresentare un rischio: Salvini può trovarsi dei parlamentari che vengono da Forza Italia invece che i suoi fidati leghisti. Potrebbe insomma ritrovarsi a capo di un partito che poi non rappresenta completamente, con persone cui non interessa fare la guerra all’Ue o che comunque non ritengono utili i toni urlati e accesi.
Dunque cosa conviene fare a Salvini?
Puntare alla creazione di una nuova maggioranza con il centrodestra e dei transfughi del M5s che, in caso di ritorno alle urne, non sarebbero rieletti, non solo per la regola del doppio mandato, ma anche perché il Movimento non avrebbe gli stessi voti del 2018. Potrebbe nascere un Governo Lega-FI-FdI più partiti formati al momento che vanno in soccorso di quello che è stato il vincitore delle europee. Questo esecutivo può dire subito sì alla Tav, alla flat tax, allo sblocca-cantieri, ecc.
Stiamo però dimenticando che nel frattempo la Commissione europea minaccia e accelera l’iter per arrivare a una procedura d’infrazione per eccesso di debito nei confronti dell’Italia.
La procedura d’infrazione si può disinnescare. Se il Governo cade a giugno, c’è il tempo tecnico non di organizzare le elezioni a settembre, ma di formare un nuovo esecutivo, di cui ho parlato poco fa, che spieghi che dall’anno prossimo non c’è più il reddito di cittadinanza, che Quota 100 viene modificata, ridimensionata, resa meno costosa. Del resto Bruxelles ce l’ha con queste due misure. Se una diventa transitoria, quasi attuariale, e l’altra viene cancellata, si forniscono le rassicurazioni che si cercano.
Di fatto occorre tirare fuori l’ormai famosa prima versione della lettera di Tria a Bruxelles…
Esatto. Tra l’altro anche la legge di bilancio diventa molto facile se si dice che dall’anno prossimo non c’è più il reddito di cittadinanza, fermo restando che si dovrebbe varare un intervento di contrasto alla povertà.
Dunque a Salvini converrebbe arrivare alla caduta del Governo prima che si apra la procedura d’infrazione, ma non andare poi subito a elezioni.
Sì, anche perché così Salvini avrebbe poi il tempo di creare una formazione di volenterosi di centrodestra che con lui sarebbero eletti e non con Forza Italia o Fratelli d’Italia. Guadagnando tempo può sperare di fare in modo che questa formazione ci sia.
Al voto si tornerebbe quindi nel 2020?
Se nascesse la maggioranza di centrodestra più i transfughi M5s di cui ho parlato prima non so dire se potrà andare avanti anche oltre. Il problema è che Salvini sarà combattuto e dovrà fare una scelta. Da un lato, deve capitalizzare il consenso che ha raccolto prima che scemi, dall’altro deve fare i conti con il rischio di trovarsi “imprigionato” in un partito e in una maggioranza che potrebbe non essere più nelle sue complete mani se allarga troppo la Lega. E poi, con questo sistema elettorale, superare il 40% necessario ad avere la maggioranza non è scontato.
(Lorenzo Torrisi)